Frosinone-Varese: il commento di Andrea Confalonieri

Questo è cuore? No, Leo e gioco. Il socio? Ma va là

Questo non è cuore, è gioco. Non è solo determinazione, rivincita, unità. Qui ci sono azioni, assoli, giocate e un secondo tempo dove sale in cattedra definitivamente il maestro d’orchestra (non chiamatelo Capezzi ma Leonardo, perché a Firenze in quel nome c’è tutto) a cui perfino Zecchin è costretto a consegnare la bacchetta. Che giocatore! Quando aveva la palla tra i piedi, i cinquemila di Frosinone sospiravano di paura.

Leo, il destino in tre lettere: come un anno fa con Pavoletti. Leo che per qualcuno gioca alla Kurtic (la potenza di Kurtic), per qualcun altro alla Buzzegoli (la sapienza di Buzzegoli) e per altri ancora alla Marchisio: completo, ha le due fasi nei piedi e nella testa – difesa e attacco -, sa costruirsi il tiro come nell’occasione dell’1-1 di Lupoli, più gioca e più lo fa bene. Pensate che non vuole nemmeno uscire al 33’ della ripresa e noi, talmente ci stava viziando e deliziando, facendoci respirare il dolce nettare di un successo ormai nell’aria, non l’avremmo tolto. Ma fa niente: ci basta questo, Leo che crea un’opera di tutti. È come se il Varese, sulla spinta dell’ultima vittoria, sapesse finalmente di non essere una squadra debole come tanti gli hanno ingiustamente inculcato ma forte, finalmente forte.

La trasferta meglio giocata delle ultime stagioni dopo un punto nelle precedenti sei trasferte. Il Frosinone che non perde in casa dal 5 maggio 2013, quasi 18 mesi, e noi ce lo mandiamo vicino al farlo. E finalmente in questo campaccio cresciuto in mezzo ai palazzoni, davanti a una curva stordente dove caddero anche i biancorossi di Sannino, usciamo quasi tra gli applausi (quasi, solo perché non hanno la forza e il coraggio di tributarceli: orgogliosi, ’sti ciociari). Ma ce li facciamo da soli, noi e i 16 tifosi del Varese arrivati in curva un martedì feriale dopo un viaggio epocale. Questa prestazione è per loro, così finalmente la smetteranno tutti di dire che Bettinelli è solo mentalità. Ieri il Varese, sulla mentalità, ha sciorinato una grande partita.

Prendete anche il primo tempo: apertissimo, valanghe di occasioni, ma per i due salvataggi clamorosi sulla linea su inzuccate di Miracoli, il pari già ci stava. Scopriamo Miracoli e un modo diverso per arrivare al gol che servirà: contro il Bari gli slalom di Falcone e le giocate di Neto, ieri i cross al centro che per poco non hanno fatto il… Miracolo. E nella ripresa, insieme al maestro, ammiriamo la strapotenza di Tamas e la capacità di blindare il risultato di Blasi.

Capitolo trattative per rinforzare il club. Siamo sempre stati gelidi, chiamatelo il pessimismo della ragione, sull’ipotesi dell’entrata di un socio pakistano che compare dal nulla al Franco Ossola (prima chiudo, poi compaio; oppure prima dico chi sono e cosa faccio, poi perché lo faccio). Perché mai avrebbe dovuto scegliere il Varese dopo averci provato con Real Saragozza, Maiorca, Sporting Gijon, tra l’altro tutte società indebitate, e non avere concluso? E quali attività commerciali o imprenditoriali riconosciute possiede? Nessuno sa rispondere a queste domande e finché non ci risponderà, noi agli asini che volano continueremo a non credere. Ai tifosi che ci chiedono giustamente quante chance ha di entrare in società, rispondiamo: senza quelle risposte, nessuna.