Una Lombardia che, pur non raggiungendo l’eccellenza, sta facendo sempre più la sua parte a livello nazionale per contribuire allo sviluppo delle rinnovabili per il proprio approvvigionamento energetico. E’ questo, in sintesi, il quadro dell’energia verde in Lombardia disegnato dal rapporto annuale “Comuni Rinnovabili” di Legambiente.
Secondo l’associazione ambientalista, però, dalla più importante e popolosa regione italiana ci si può e si deve aspettare molto di più, in particolare per quanto riguarda la produzione da fonte solare. La Lombardia è prima per numero di impianti in Italia, ma non regge il confronto con le altre regioni del nord (ma nemmeno con la Puglia) se il dato viene confrontato con la popolazione residente: con 32 Watt per abitante di potenza fotovoltaica installata, la Lombardia viene dopo il Piemonte (52 W/ab),
il Veneto e il Friuli (65 W/ab), l’Emilia Romagna (75 W/ab) e il Trentino Alto Adige (139 W/ab), collocandosi così molto al di sotto della media nazionale (53 W/ab). La nostra regione invece dovrebbe guardare alla media di Paesi europei, come la Germania, che – sebbene meno favoriti dall’insolazione – hanno una dotazione di impianti fotovoltaici ben 7 volte superiore a quella lombarda. D’altro canto la Lombardia porta con sé diversi primati, alcuni ormai storici: le grandi centrali idroelettriche dell’arco alpino, che fanno della nostra regione la prima produttrice, a livello nazionale, da questa fonte, e altri emergenti, in particolare sul fronte della produzione da biomasse e dello sfruttamento del calore del sottosuolo attraverso impianti a pompa di calore.
“Il mercato è ormai pronto – dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – e lo testimonia il fatto che, in Lombardia, la produzione da fonte solare è dovuta soprattutto a piccole installazioni su cui investono decine di migliaia di famiglie e pubbliche amministrazioni. La politica dunque è chiamata a non frapporre ostacoli, ma regole certe e chiare, che incoraggino gli investimenti ed evitino le speculazioni. Bisogna smetterla con i tentennamenti: lo sviluppo delle rinnovabili è il futuro energetico della Lombardia”.
A testimoniare l’attivismo sul versante della domanda sono anche le sempre più coinvolgenti esperienze dei gruppi di acquisto: famiglie che si mettono insieme per trovare i migliori fornitori e spuntare buoni prezzi per l’installazione dei pannelli fotovoltaico. Questa iniziativa è stata intrapresa da numerosi circoli Legambiente, come spiega Pierluigi Biavaschi, tecnico del Centro Comune di Ricerca di Ispra (VA) e presidente del locale circolo del Cigno Verde: “Abbiamo cominciato un anno e mezzo fa, valutando le offerte di prodotti e installatori presenti nel mercato, oggi abbiamo già 24 famiglie che fanno parte del gruppo d’acquisto e che hanno già installato sui loro tetti oltre 100 kW di pannelli fotovoltaici, e le richieste di adesione continuano ad arrivare”.
Legambiente incalza dunque le istituzioni lombarde: la ricetta per l’autonomia energetica è fatta di politiche di semplificazione, da un lato, e di obbligo dall’altro. La Regione Lombardia dovrebbe far entrare le politiche energetiche nel proprio Piano Territoriale Regionale, imponendo a Province e Comuni di fare la propria parte nei PTCP e nei PGT. In questi piani infatti si possono prescrivere installazioni di impianti secondo regole accettate sul territorio e condivise, dal mini-idroelettrico su canali e condotte, al fotovoltaico obbligatorio per i capannoni, alle biomasse e biogas derivati da scarti agroalimentari, rifiuti organici e liquami zootecnici, alla diffusione massiccia della geotermia a bassa entalpia con pompe di calore e al solare termico.
Politiche esplicite di sostegno alle rinnovabili, regole semplici, incentivi mirati ai settori più promettenti del mix energetico futuro della Lombardia – in primis il fotovoltaico integrato in edilizia – questo è quanto Legambiente auspica e reclama dalla amministrazione regionale.
“Ma per fare questo dobbiamo mettere da parte ogni velleità nuclearista – conclude Di Simine – da Formigoni ci aspettiamo un segnale forte ed esplicito, la lobby nucleare italiana era fuori mercato prima della catastrofe di Fukushima e lo è ancora di più oggi, dato che inevitabilmente i costi della sicurezza nucleare sono destinati a diventare proibitivi. Per questo è importante che l’esito del referendum antinucleare del 12 giugno serva a far uscire definitivamente il nucleare dall’Italia anche dal punto di vista politico: è nell’interesse di tutti, dell’ambiente, delle famiglie, delle imprese”.
e.marletta
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