GAZZADA SCHIANNO «Nel tratto di strada compreso tra la strada Provinciale 57 e la Provinciale 1, per intenderci tra il Comune di Lozza e Calcinate, negli ultimi anni sono avvenuti numerosissimi incidenti con tanti morti. E’ un tratto di strada pericoloso, lo era prima e continua a esserlo ancora. Bisogna fare di più, si devono curare le strisce pedonali, la segnaletica e si dovrebbero riposizionare i cartelli che indicano i limiti di velocità poiché rappresentano un valido deterrente per chi corre in macchina».
Nel giorno del ricordo più doloroso Salvatore Porcu è tornato a parlare di sicurezza stradale puntando l’indice contro la pericolosità delle due provinciali. Dichiarazioni significative che ricadono proprio nel giorno del quinto anniversario della morte del figlio Mirko di 24 anni e di due suoi amici, il 17enne Andrea Imperiale e il 19enne Agostino Caristo. Una tragedia che scosse profondamente la provincia di Varese e che a cinque anni fa ancora male. E fa discutare, perché in materia di sicurezza stradale c’è ancora tanto da fare.
Il 20 novembre del 2005, infatti, tre giovani varesini morirono in un terribile incidente d’auto mentre stavano percorrendo la Provinciale 57 all’altezza di Gazzada Schianno. Quel giorno la Peugeot 206 guidata dal 33enne di Brunello Marco Panarese uscì di strada sulla strada che collega Varese a Gazzada per poi schiantarsi contro un guard rail dopo aver urtato altre vetture.
Tre famiglie distrutte, tre comunità dilaniate da un dolore che con il trascorrere del tempo aumenta anziché attenuarsi. «Di quel giorno – dice Porcu – non dimentico nulla, ricordo ancora che nel primo pomeriggio mi trovavo al supermercato con mia moglie e in quel momento di cinque anni fa mio figlio era ancora vivo. Sarebbe scomparso di lì a poche ore, il ricordo resta indelebile in ogni cosa che faccio. Andare avanti non è mai facile, spesso ci nascondiamo dietro a una finta serenità per non dare sfogo alla rabbia. Il dolore c’è, eccome se c’è». Nel frattempo è arrivata anche la sentenza di primo grado che ha condannato il conducente dell’auto a dieci anni e quindici giorni di reclusione: «Quella sentenza ci ha consolato – spiega ancora Porcu – non sono un giustizialista ma credo sia stato giusto così. La macchina della giustizia si è mossa perfettamente, gli inquirenti e la magistratura sono stati scrupolosi e hanno lavorato benissimo. Sono soddisfatto per come tutto si è svolto, la sentenza ci ha soddisfatto». Guardare al futuro non è mai facile ma Porcu e le altre famiglie ci stanno provando con grande coraggio: «Sulla sicurezza di quella strada – conclude Salvatore – bisogna fare ancora tanto. E’ stato posizionato un autovelox, ma non serve a molto. Una volta superato le macchine e le moto tornano a correre più di prima. Servono interventi più organici». Un appello per la sicurezza che non può, e non deve, cadere nel vuoto.
b.melazzini
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