Se si dovesse dare un titolo al derby di Giancarlo Ferrero, «La classe operaia va in paradiso» sarebbe perfetto, proprio come nel film di Elio Petri del 1971. Il 27enne piemontese è stato l’eroe all’improvviso in una serata perfetta, il protagonista che non ti aspetti, la sublimazione del pensiero e del metodo cestistico di Paolo Moretti, capace di elevare al massimo il talento di colui che ad inizio stagione doveva essere il dodicesimo uomo nelle rotazioni. 10 punti nel derby, 8 in pagella, ma soprattutto una carica agonistica ed uno spirito che hanno conquistato l’ambiente. In due parole, una favola.
Senz’altro un bellissimo risveglio, perché il derby di domenica è stata una grandissima emozione. Sono felice per la squadra, per ciò che rappresenta il derby per i tifosi e per la città, ed onestamente sono felice anche per me. Perché Varese-Cantù è una di quelle partite che un bambino sogna di giocare fin da piccolo quando prende in mano una palla, è un pezzo di storia della pallacanestro italiana. Quello che succede a Varese dopo una vittoria in un derby non si può spiegare; ho giocato tante partire buone in LegaDue, ma farlo a Varese e farlo contro Cantù è tutto un altro mondo.
Quando ho deciso in estate di fare questa scelta e di venire a Varese, ero convinto che il mio momento prima o poi sarebbe arrivato. Ho fatto tantissima Lega Due in carriera, e per questo non ho esitato ad accettare la proposta di Varese, è una chance fondamentale per me. Sapevo che sarebbe stato difficile e che ci sarebbero stati dei momenti duri, ma allo stesso tempo sono sempre stato convinto della mia scelta. Il mio momento è arrivato ma non lo vedo come un punto di arrivo, voglio mantenere questo livello e posso farlo solo continuando ad allenarmi al 100%, non posso permettermi distrazioni se voglio ritagliarmi un ruolo importante.
Il mio è un continuo percorso, sono partito dalla C1, è stato un processo di crescita lento, sono stato tanti anni in LegaDue ed ho sentito il bisogno di confrontarmi con una realtà importante come Varese e come la Serie A. Lo so, ad inizio anno il mio ruolo era diverso, ma come allora il mio obiettivo resta lo stesso: sono arrivato con l’idea di lavorare sodo e di migliorare individualmente, e la prestazione del derby non cambia questa mia mentalità. Sono fiero ed orgoglioso di quanto fatto finora, ero sicuro di potercela fare ed ora voglio mantenermi su questo standard.
È vero ma sono dell’idea che non abbiamo raccolto quanto avremmo meritato fino ad ora. Ci sono state partite come quella di Pistoia in cui, vincendo, non avremmo rubato nulla e con due punti in più ci saremmo potuti giocare le Final Eight. Abbiamo passato momenti difficili in stagione, e la risposta che il gruppo può dare è una reazione d’orgoglio, un approccio mentale tosto come contro Cremona e Cantù. Si entra in campo con l’idea che gli avversari debbano sudare parecchio prima di farci canestro. Partendo da questo principio cardine, si costruisce tutto.
Grandissima, con lui ho un rapporto ottimo, come con tutto lo staff. Dietro ad ogni partita, in settimana, c’è un grandissimo lavoro sui fondamentali che ci permette di rendere al massimo. Come ha detto lo stesso coach, la base per tutti deve essere l’approccio mentale alla partita. Ha sempre avuto fiducia nei miei confronti, io ho sempre lavorato al massimo consapevole che avrei avuto l’occasione per far bene. E poi ripeto, farlo a Varese ha un gusto totalmente diverso. Però non voglio fermarmi, è la mia grande occasione.