Gigi Riva da Leggiuno oggi avrebbe compiuto 80 anni. Come “Rombo di tuono” divenne leggenda

La vita del campione, partito giovanissimo dalle sponde del lago Maggiore, è stata una meravigliosa avventura: idolo in Sardegna con il Cagliari dello scudetto e bomber della nazionale che si aggiudicò l'Europeo '68 e si arrese solo al Brasile di Pelè al Messico '70. Da Zeffirelli che lo voleva attore alla relazione "scandalosa" con una donna sposata fino alla scuola calcio da cui è uscito Nicolò Barella: il racconto di un mito

LEGGIUNO – Oggi, 7 novembre avrebbe compiuto 80 anni Gigi Riva, per tutti Rombo di Tuono, che invece ci ha lasciato lo scorso 22 gennaio nella ‘sua’ Cagliari dove è stato salutato da una folla immensa nella basilica di Bonaria. E’ stato uno dei simboli più grandi e più amati del calcio italiano, capace di unire tutti gli appassionati oltre i colori del tifo.

Luigi Riva da Leggiuno, per tutti Gigi, capocannoniere nella storia della Nazionale, ha legato la sua carriera alla maglia del Cagliari, la squadra della città che lo ha accolto ragazzino e che lo ha fatto diventare uomo prima che un grande campione. Del Cagliari è stato anche dirigente e presidente onorario, mentre il figlio Nicola da poco è rientrato nel Consiglio di amministrazione. Idolo indiscusso e simbolo di un popolo orgoglioso, a cui ha regalato il primo, e tuttora unico, Scudetto conquistato dalla compagine rossoblù nel 1970. Riva è ancora oggi il miglior marcatore nella storia del Cagliari con 164 reti.

Con la maglia della Nazionale italiana è stato campione d’Europa nel 1968 a Roma e vicecampione del mondo nel 1970 in Messico. Con trentacinque gol in 42 presenze detiene il record di marcature con la maglia azzurra. E’ stato inserito al 74esimo posto nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo stilata dalla rivista World Soccer. Nel 2011 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano tra i ‘veterani’.

Nato nella piccola Leggiuno, sulle rive del lago Maggiore, Riva è rimasto ben presto orfano di padre (morto per un incidente sul lavoro in una fabbrica) e dopo la morte anche della mamma è stato cresciuto dalla sorella Fausta a cui sarà legato per tutta la vita. Spedito in un collegio religioso lontano da casa, Riva muove i primi passi da calciatore nei paesini della zona prima di essere notato dai dirigenti del Legnano. Con la squadra lombarda fa tutta la trafila delle giovanili, fino all’esordio in prima squadra nel campionato di Serie C. Nella partita contro l’Ivrea, Riva fa subito gol. Da quel momento non si fermerà più.

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Ceduto nel 1963 per ben 37 milioni di lire al Cagliari, Riva si trasferì inizialmente controvoglia in Sardegna. I rossoblù militavano in Serie B e nella stagione successiva grazie anche ai gol del giovane centravanti conquistarono la promozione in Serie A. Si laureò capocannoniere del campionato 1966-67 in cui – nonostante un grave infortunio patito in Nazionale – mise a segno 18 gol. Trionfò nella classifica dei marcatori anche per le stagioni 1968-69 e 1969-70, vincendo addirittura lo Scudetto (l’unico della storia sarda) nel campionato precedente al Mundial messicano: il 12 aprile 1970, nella partita contro il Bari che assegnò il tricolore, realizzò il primo dei due gol. La vittoria del titolo rappresentò il punto più alto della carriera di Riva, nel frattempo divenuto un simbolo del Cagliari non solamente dal punto di vista sportivo ma anche sociale e mediatico.

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Giocò con il Cagliari fino al termine del campionato 1975-76, chiudendo la carriera a soli 32 anni. Pur richiesto a più riprese dai principali ‘squadroni’ del Nord (fra tutti la Juventus che per portarlo a Torino, arrivò a offrire alla società sarda fino a 1 miliardo di lire), Riva dichiarò ripetutamente di non volere abbandonare la Sardegna e, con l’aiuto della società, riuscì sempre a respingere le sirene del Nord. Una scelta di cuore, che probabilmente gli precluse la possibilità di vincere altri trofei a livello nazionale e internazionale. Nel 1969 Riva arrivò infatti secondo nella classifica del Pallone d’oro, alle spalle di Gianni Rivera per 4 punti e nel 1970 fu terzo dietro Gerd Müller e Bobby Moore. Riva ha legato alcune delle pagine più belle della sua carriera alla Nazionale, con cui ha esordito nel 1965 a 20 anni. Nel 1966 l’allora ct Edmondo Fabbri lo aggregò alla spedizione azzurra per il fallimentare campionato del mondo in Inghilterra, senza inserirlo però tra i 22 convocati.

La vita e la carriera di Gigi Riva

Due anni dopo si laureò campione d’Europa con l’Italia, giocando solo la finale di ripetizione contro la Jugoslavia (la prima partita era finita 1-1 dopo i tempi supplementari), segnando il gol del momentaneo 1-0 nel primo tempo. Nel ’70 ai Mondiali in Messico anche grazie a una sua doppietta nei quarti contro i padroni di casa, l’Italia conquistò la semifinale. Nella leggendaria partita contro la Germania, vinta dagli Azzurri per 4-3 dopo i supplementari, Riva segnò uno dei gol che fecero entrare nella storia quella partita. Nella finale persa contro il Brasile di Pelè, Riva entrò nell’azione del gol di Boninsegna per il momentaneo 1-1. Ai Mondiali del ’74 in Germania giocò la sua ultima partita in azzurro, contro l’Argentina.

Soprannominato Rombo di Tuono dal giornalista Gianni Brera per la potenza del tiro e la prolificità sotto rete, mancino naturale, abile in acrobazia, Riva è stato uno dei più grandi attaccanti della propria generazione e non solo.

A metà degli anni Sessanta Riva fece scalpore anche nella cronache rosa, quando si innamorò di una donna sposata, la famosa Gianna. Una relazione che nell’Italia del tempo destò grande scalpore e che finì addirittura in tribunale quando il marito della donna scoprì la relazione.

Riva avrebbe potuto anche intraprendere una carriera nel cinema, quando il regista Franco Zeffirelli pensò a lui per la parte di San Francesco in ‘Fratello sole, sorella luna’. Ma rifiutò anche in quel caso una montagna di soldi.

Nicolò Barella, orgoglio della Scuola Calcio Gigi Riva - Radiolina

Abbandonato il calcio giocato, Riva ha continuato a vivere a Cagliari aprendo una scuola calcio che porta il suo nome e da cui è uscito Niccolò Barella. A metà degli anni ’80’ è stato per un breve periodo presidente del Cagliari, poi dal 1990 è stato dirigente accompagnatore e infine team manager della Nazionale fino al 2013. C’era anche lui nella storica notte di Berlino nel 2006 quando l’Italia è diventata campione del Mondo per la quarta volta. Chiusa l’avventura in azzurro si era ritirato di nuovo, come un novello Garibaldi a Caprera, nella ‘sua’ Cagliari. Negli ultimi anni i tanti malanni fisici avevano ridotto quasi al lumicino le uscite pubbliche, lui che già era schivo per natura.