Un colletto bianco fedele a un lavoro che forse ha già perso, un omone slavo dalla parlata incomprensibile e dall’aspetto vagamente minaccioso, una bicicletta che li farà incontrare. E sullo sfondo, il deserto di un’Italia in crisi.
È “la bi ci”, l’ultimo lavoro del regista gallaratese Giorgio B. Borgazzi, premiato come miglior cortometraggio italiano al Miff 2014, la kermesse internazionale del cinema indipendente in scena come ogni anno a Milano.
Ieri sera la proiezione dei titoli vincitori, tra cui appunto “la bi ci” che correva nella categoria “Italian best short film”: un primo alloro per la neonata casa di produzione “Topanga Film” di cui Borgazzi è fondatore insieme a Marcella Dal Molin, gallaratese anche lei.
Ad ispirare il regista è stata una lettera che un lettore ha inviato a Repubblica, raccontando l’incontro con uno straniero e i suoi sviluppi inattesi: è nata così l’idea del corto girato alla Bicocca, con le sue geometrie simili alle città metafisiche di De Chirico, e all’ex Innocenti, colosso industriale dismesso dove le sterpaglie spuntano sui resti dei vecchi capannoni. Uno sfondo spettrale, quasi post-atomico, ad indicare il disfacimento non solo economico di un Paese intero.
Eppure, questa la nota di speranza che il film riconsegna allo spettatore, anche in un terreno così arido possono attecchire i rapporti umani, c’è ancora spazio per il gesto nobile, ancora più spiazzante perché inaspettato. Bella la prova dei due attori: l’italianissimo Stefano Fregni, che in pochi giorni ha imparato a parlare come un albanese delle montagne, e Silvano Casieri, la cui interpretazione è invece muta. «Una scelta voluta – spiega Giorgio B. Borgazzi – il personaggio dell’impiegato non parla mai, anzi subisce le altre voci senza reagire, come del resto l’italiano medio, che davanti ai cambiamenti continua a fare quello che ha sempre fatto, per inerzia o per ostinazione».
© riproduzione riservata