– Giorni cruciali per il destino (definitivo a questo punto) di Finteco, la ditta vincitrice dell’appalto per la costruzione del contestato parcheggio della Prima Cappella: a giorni il Consiglio di Stato dovrebbe esprimersi in merito al ricorso presentato dalla ditta stessa contro l’interdittiva antimafia firmata dalla Prefettura di Milano nei confronti dell’azienda. La vicenda è estremamente complessa: l’interdittiva, arrivata nel marzo scorso dopo che Andrea Badoglio, uno dei principali interpreti del fronte del no al parcheggio aveva scritto alla Prefettura milanese segnalando la situazione,
ha di fatto congelato la situazione. Finteco ha già presentato un ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) contro il provvedimento: ricorso che è stato rigettato. Se anche il Consiglio di Stato rigetterà l’istanza della società l’interdittiva diventerà permanente e definitiva. Il neoeletto sindaco Davide Galimberti durante la campagna elettorale non si è mai nascosto: “se sarò eletto quel parcheggio non verrà mai realizzato”. Quindi sul fronte della realizzazione dell’opera contro la quale si era scagliata buona parte di Vraese non dovrebbero esserci incertezze. Tuttavia Finteco ha vinto una gara d’appalto anche se l’amministrazione guidata da Attilio Fontana, anche in virtù di ricorsi e interdittiva, non era mai arrivata alla firma del contratto con l’azienda. Se il Consiglio di Stato decreterà la definitiva interdizione dagli appalti della Finteco anche il nodo collegato al pagamento di eventuali penali o a cavillose cause tra Finteco e il Comune di Varese dovrebbe sciogliersi senza pesanti ripercussioni per le casse dell’amministrazione varesina. La vicenda si è articolata negli ultimi due anni. Dopo la decisione di realizzare un posteggio alla Prima Cappella, la nascita di alcuni comitati contrari al progetto, con raccolto di 5mila firme a sostegno del no, sempre Badoglio, vicepresidente dell’associazione antiracket Sos Italia Libera ha presentato un esposto in procura chiedendo all’autorità giudiziaria se vi fossero irregolarità di natura penale. A fine 2015 è arrivata, dalla Corte d’Appello di Torino la condanna di Giovanni Macrì. Al quale, secondo quanto fu rilevato dal comando dei carabinieri di Torino, sarebbe riconducibile Finteco Srl, anche, se, è bene precisarlo, l’azienda ha subìto oggi un passaggio di mano e risulta intestata alla moglie di Macrì. Il comando provinciale di Torino dei carabinieri ha evidenziato che l’impresa Finteco Lavori Srl è stata oggetto di indagini che hanno portato alla condanna (tra gli altri) dello stesso Giovanni Macrì a due anni di reclusione. Macrì fino alla data del suo arresto ha ricoperto la carica di legale rappresentante della società Venere Immobiliare società semplice, e la signora Maria Luisa Ruatto, moglie di Macrì, è subentrata al marito arrestato l’11 giugno 2011 nel ruolo di comproprietaria e legale rappresentante di varie società riconducibili alla rete familiare. Tra cui la Fratelli Macrì Srl, che detiene la quota di controllo della Finteco. La Corte d’Appello di Torino ha riconosciuto nei confronti di Macrì l’aggravante mafiosa dello scambio di voto definita nel 416 ter. E dopo la segnalazione di Badoglio è arrivata l’interdittiva. A giorni il Consiglio di Stato deciderà se il provvedimento diventerà definitivo.