Viaggiare fa bene al nostro cervello, è quanto confermano recenti studi che hanno analizzato gli effetti dei viaggi sulla nostra mente: dalla felicità al problem solving, tutti gli incredibili effetti benefici del girare il mondo.
Che in ferie ci si senta meglio, è un dato di fatto. Ora, però, arriva anche la conferma da parte degli esperti: fare le valigie e partire può portare a notevoli benefici, fisici e psicologi. Quella sensazione di quando si scende dall’aereo
e sai che stai per sperimentare un miliardo di cose nuove e non vedi l’ora di iniziare. Sei così felice di essere arrivato, inspiri profondamente con il naso la nuova aria e pensi che la vita sia così impressionante e meravigliosa; “come si fa a non farlo più spesso?”. Sembra proprio che i più felici non siano coloro che possiedono molte cose, ma chi ha avuto più esperienze. Investire sulle esperienze, anziché su oggetti materiali, garantisce una sensazione di appagamento più duratura perché ci connette agli altri più facilmente, in modo più profondo e ampio. Gli esseri umani sono delle creature sociali e le relazioni più significative contribuiscono enormemente alla nostra felicità. Secondo quanto scrive il periodico Focus, percorrere luoghi sconosciuti, degustare cibi mai assaggiati o imparare qualche parola in un’altra lingua sono attività che costruiscono nuove connessioni nel cervello. Uno studio condotto dal Journal of Personality and Social Psychology ha riferito che gli studenti che hanno vissuto all’estero hanno avuto il 20% in più di probabilità di risolvere un compito su un computer rispetto a coloro che non hanno viaggiato. Perché? Il semplice fatto di vedere un’altra cultura per un periodo di tempo prolungato apre la mente a vedere in modi diversi il mondo e aiuta a capire che una cosa può avere molteplici significati.
Il dottor Gary Small dell’Università di Los Angeles ha scoperto che viaggiare migliora l’efficienza della corteccia cerebrale dorsolaterale, molto importante per la memoria a lungo termine. Lo psicologo e ricercatore olandese Jeroen Nawijn ha, invece, studiato la correlazione tra felicità e viaggi. Prendendo in esame 481 turisti di Amsterdam, ha scoperto che viaggiare fa sentire soddisfatti della propria giornata il 20% in più rispetto a chi non viaggia. La soddisfazione cresce dal secondo giorno di viaggio in poi, fino al penultimo giorno, prima della partenza. Il penultimo giorno la soddisfazione cala drasticamente, probabilmente per la tristezza di dover tornare a casa. Ma la felicità aumenta nuovamente l’ultimo giorno, forse proprio per la voglia di tornare a casa propria. Un altro dato interessante di questa ricerca è che un viaggio che dura dai 3 ai 6 giorni consente un buon miglioramento dell’umore.
Tutto ciò è valido anche e soprattutto se la vacanza è per un breve periodo, ma ripetuto nel corso dell’anno. Insomma, meglio dei soggiorni più brevi, ma tre/quattro volte nell’arco dei 12 mesi. Secondo una ricerca dell’economista comportamentale Dan Arielyc, citato da Skyscanner, i benefici di una vacanza tendono ad affievolirsi nel corso del tempo, dunque “l’abitudine alla vacanza” potrebbe cancellare il benessere compessivo.