– «Segnali? Nessun segnale. Giuseppe era una persona equilibrata, competente, professionale. Quello che è accaduto non ha spiegazione. E certamente qualora ci fosse non sono io a conoscerla». è uno dei tre soci della Tecnosteel srl, l’azienda con sede a Brunello, in via Pret, di cui Giuseppe Basso era «amministratore delegato e ovviamente socio fondatore», spiega Turci.
«Abbiamo iniziato insieme, noi tre, 15 anni fa. Non abbiamo mai smesso di lavorare. Oggi l’azienda ha 70 dipendenti e lavora in tutta Europa, con collaborazioni internazionali importanti».
La classica storia del sogno imprenditoriale varesino: da un’idea nasce un’azienda. Una delle prime ipotesi formulate per spiegare il folle gesto compiuto ieri da Basso, suicidatosi dopo aver accoltellato alla schiena il figlio di 15 anni, prendeva in considerazione eventuali difficoltà finanziarie.
«Non è questo il caso –
spiega Turci – Non cominciamo con gli imprenditori che impazziscono per colpa della crisi. Certamente Basso aveva delle preoccupazioni collegate al lavoro; ma erano le normali preoccupazioni che un imprenditore ha oggi in un momento economico difficile». La Tecnosteel «è un’azienda sana – aggiunge Turci – Non abbiamo un euro di debito con le banche».
Turci ha incontrato Basso sabato, il giorno prima che la tragedia si compisse: «Sì, abbiamo avuto una riunione sabato e ne avremmo dovuta avere un’altra domani (oggi per chi legge) con il commercialista – spiega Turci – Proprio a causa del difficile momento economico generale stavamo vagliando possibili soluzioni. Eventuali accorpamenti con altre realtà produttive, un riposizionamento sul mercato. Ma ribadisco: l’azienda è sana e avevamo deciso di approfittare proprio di questi giorni di festa, quando il lavoro ordinario rallenta, per avere incontri in modo da definire situazione e nuove strategie».
Turci racconta di un Basso tranquillo. «Assolutamente normale. Anche ieri, quando ci siamo visti, era calmo come sempre. Operativo, professionale. Non è mai apparso come una persona che potesse avere dei problemi, delle debolezze particolari», spiega il socio. Problemi familiari? «Non che io sappia – spiega Turci – Una famiglia normale, una bella famiglia, unita, con la vita normale di qualunque famiglia normale. Non ha mai parlato di problemi in quest’ambito». E allora cosa potrebbe aver fatto scattare la molla? «Davvero non so spiegarlo – aggiunge Turci – Il momento è complesso per tutti. Ma erano normali preoccupazioni, non tali di suscitare una pressione da baratro. Non stavamo certo per chiudere o per avere gravi difficoltà finanziarie. Io credo che si sia ucciso perché convinto di aver assassinato il figlio. Credeva fosse morto probabilmente. Quel figlio che amava. È venuto a rifugiarsi in azienda e forse travolto dal dolore non ha retto».
Turci ieri è arrivato in via Pret chiamato dai carabinieri della compagnia di Varese e del reparto operativo di Varese. La Tuareg dell’imprenditore è infatti stata individuata nel posteggio laterale la sede della ditta durante la ricerca persona dopo che la moglie dell’imprenditore, verso le 12.30 di ieri, aveva chiamato il 112 raccontando l’accaduto. E temendo il peggio, forse. La macchina era vuota. Al suo interno una cravatta blu a pois lasciata sul sedile passeggero insieme a un rotolo di nastro adesivo da pacco e a quella che si è poi rivelata essere una scheda carburante.
Una rapida battuta di ricerca nell’area industriale circostante la sede dell’azienda ha dato esito negativo. I carabinieri hanno quindi chiamato i soci di Basso per farsi aprire la sede della Tecnosteel. Il rumore dei badge che facevano scattare le serrature, poi, al primo piano della sede aziendale, vicino alla sala riunioni e accanto all’angolo bar è stato trovato il corpo di Basso. Morto dopo essersi inferto una fatale coltellata al cuore. «Ancora non riesco a capire cosa possa essere scattato – aggiunge Turci – nessuno avrebbe mai potuto immaginare una tragedia del genere. Ribadisco che domani avremmo dovuto incontrarci per avere una riunione. Non ha mai parlato di problemi, non capisco cosa l’abbia spinto a reagire così con il figlio; discussioni ne capitano continuamente con i ragazzi adolescenti. Capitano a tutti. Io davvero credo che lui sia fuggito qui convinto di aver ucciso il figlio. E forte di questa convinzione, credendo di aver tolto la vita a quel figlio che amava moltissimo, ha fatto quel che ha fatto». Lo sgomento ieri era tangibile sul viso di chi «negli ultimi 15 anni gli ha lavorato al fianco per costruire ciò che abbiamo costruito. Insieme».