«Giuseppina era una bambina. Nessuna giustificazione per le atrocità di cosiddetti “partigiani”. Dobbiamo ancora imparare a costruire una memoria condivisa».
Parola di . Dopo aver letto delle polemiche sulla vicenda di e della targa alla sua memoria contestata dall’Anpi di Savona, la senatrice di Busto Arsizio non ci ha pensato su molto per esternare il suo giudizio. «Come donna, come parlamentare, come iscritta all’Anpi, è mio dovere dire come la penso».
E ha scritto, di Giuseppina, che «a 13 anni venne brutalmente violentata e torturata dai “partigiani”, e infine uccisa con un colpo di rivoltella» e di tutto quel che si è discusso in questi giorni, che «l’Anpi di Savona ha torto, pensando che ricordarla infici la Resistenza. Bene ha fatto l’Anpi Nazionale a prendere le distanze. In quegli anni anche i ragazzini hanno commesso atti a favore dei fascisti. A volte provocando la morte. Forse è
il suo caso. Non lo so. Ma a 13 anni si è solo bambine. La violenza inaudita che ha subito non ha alcuna giustificazione. Anche i nazifascisti si sono macchiati di violenze terribili su donne e bambini. Proprio per questo è inammissibile che ci si metta sullo stesso piano. E che qualcuno lo giustifichi ancora oggi. Lasciate che riposi in pace, che riposino in pace i suoi genitori, costretti a guardare l’orrore subito dalla figlia. Io sono solo una donna che vorrebbe averla presa fra le braccia, strapparla al branco inferocito, spostarle il capo nel colpo di grazia finale».
Ho messo partigiani tra virgolette perché quello era solo un branco assatanato di delinquenti. Punto e basta . Non c’è assolutamente niente altro da dire o da giustificare. E su questo, sia chiaro, la mia intransigenza è massima.
Era una bambina. Non so cosa potesse aver fatto, su input degli adulti. Ma di fronte ad una bambina di 13 anni non esiste giustificazione, punto e a capo. Violentata, seviziata davanti alla sua famiglia, uccisa con un colpo di rivoltella alla testa, da un branco inferocito di personaggi di uno squallore indicibile. Non possiamo non esprimerci con un giudizio definitivo e chiaro: è inammissibile, non possiamo giustificare brutalità così grandi, soprattutto se abbiamo combattuto una guerra di Liberazione proprio contro chi questi atti terribili li compiva. Intransigenza assoluta su questi atti.
Può darsi che qualcuno abbia voluto fare della strumentalizzazione, ma non è importante: il fatto in sé non ha giustificazione e noi dobbiamo dirlo in maniera chiara, netta e inequivocabile, altrimenti ne va della nostra credibilità.
Ho fatto la cosa che ritenevo giusta, come donna dell’Anpi, come parlamentare che tutti i giorni sui social commenta i fatti. Non potevo sorvolare: ormai sapete che la vostra senatrice non ha mai timore di esprimersi anche sulle questioni più spinose… E chi mi ha dato ragione sono soprattutto i cittadini comuni. I politici hanno taciuto molto di più.
Ho notato pochi “mi piace” da persone legate al mondo della politica o della Resistenza, molti invece da persone meno “addette ai lavori”, sia della mia parte politica che non, che hanno apprezzato. In questo i cittadini si dimostrano molto più avanti della loro classe politica.
Ma anche alla paura. Perché quando dici pubblicamente una cosa di questo genere, ti presti al rischio di dare fastidio o di far arrabbiare qualcuno. Ma di fronte ad un fatto così grave, soprattutto noi donne non possiamo parlarne solo quando siamo sicure di avere tutti d’accordo, ma anche quando è un po’ più scomodo. Fermo restando il valore etico della Resistenza, che non si discute e non si tocca, certi episodi sono inaccettabili.
In un caso come questo faccio fatica a capire su cosa ci dovremmo dividere. Ma quando succedono queste vicende, emerge chiaramente come noi non abbiamo ancora costruito una memoria condivisa. Una memoria che riappacifichi tutti. Il fatto che si tenda a giustificare da una parte e a strumentalizzare dall’altra, magari per denigrare la Resistenza, dimostra che non c’è ancora la maturità sufficiente per costruire una vera memoria condivisa. E mi auguro che non accada come in Germania, dove c’è un partito con posizioni quasi filonaziste che potrebbe diventare alle elezioni il terzo partito. Sarebbe il caso che tutti quanti mettiamo tutti la testa a posto, costruendo una narrazione comune che guardi al nostro passato per camminare insieme verso il futuro, indipendentemente dalle posizioni prese dagli uni e dagli altri in quel momento – noi non c’eravamo . oppure dalle posizioni che prendiamo adesso politicamente. Una base, un fondamento comune: lo hanno avuto i nostri Padri costituenti, forse davvero siamo soltanto nanerottoli rispetto a quei giganti.
Se, con grandi dibattiti e liti, ci sono riusciti loro, “freschi” di quelle vicende, è incomprensibile che non ci si riesca oggi. Ma così stiamo tradendo lo spirito da cui nasce la nostra Repubblica, e la modalità con cui i nostri Padri costituenti hanno voluto che nascesse».