Gli autori sono anonimi, le loro “creature”, invece, sono più che evidenti. E non si possono definire né in termini di generale rispetto né, in modo più particolare, in termini di ossequio ai luoghi di culto.
Il vandalismo pare essersi abbattuto in modo significativo sulle chiese parrocchiali di Marnate o comunque nelle loro vicinanze. Scritte che, al di là dello sfregio, non denotano neppure significati di particolare profondità. Esempio numero uno, la lapide di piazza Paolo VI ove sorge la chiesa di santa Maria nascente nella frazione di Nizzolina. Lo slargo, a motivo delle sue dimensioni e della sua funzione di centro della frazione, è spesso ritrovo per molte persone. Tra esse, qualcuno ha deciso di sconfiggere la noia scegliendo la strada non propriamente rettilinea del deturpamento della lapide con scritte di colore blu.
Quella che si trova in cima, peraltro, è “ghetto” e rimanda a un’epoca storica di violazioni dei diritti umani e forti sofferenze. Poi, in successione, espressioni deliranti prive di apparente senso logico. In definitiva, uno sfregio alla lapide ma più diffusamente alla piazza e al suo significato sociale e religioso. Quando anni fa ebbe l’intitolazione al pontefice di Concesio che resse le sorti della chiesa cattolica mondiale dal 1963 al 1978, questo costituì anche un atto di riconoscenza e devozione profonda di Marnate e Nizzolina. Ne sia misura anche il fatto che, sul lato opposto a quello della lapide istoriata, sorge uno splendido bassorilievo in bronzo opera dello scultore Mario Della Bella con l’effigie del pontefice e l’indicazione di quell’”Humanae vitae” che costituisce una delle sue encicliche più significative. Particolari che, evidentemente, o sono sconosciuti ai profanatori o sono stimati di secondaria importanza.
Fine della storia? Neppure per sogno, perché basta percorrere una manciata di metri per imbattersi in un altro “autografo della follia”. Stavolta a essere preso di mira è stato un edificio religioso, la chiesetta di san Sebastiano le cui prime testimonianze risalgono al sedicesimo secolo. E certamente allora non si sarebbe immaginato le sue pareti fossero usate per probabili dichiarazioni d’amore.
In epoca di sms, tecnologia e social, non può non dare da pensare che le attestazioni di sentimento possano correre sulle mura storiche di un edificio culturale. E, se da un lato si può considerare messaggistica antelitteram che documenti una concessione alla creatività e all’inconsueto, dall’altro ha nome e cognome di deturpamento. Deturpamento con discrezione annessa però, dato che gli ignoti autori di preciso hanno lasciato l’impronta di un cuore e di tre singole lettere, due a destra e una a sinistra di esso senza aggiungere altri elementi. La conclusione sorge spontanea: agli autori senza nome dei capolavori artistici qualcuno avrà spiegato che basterebbero per esprimersi anche solo un foglio di carta e una penna?