Il 28 maggio, evidentemente, è un giorno che porta fortuna ai campioni, a chi mira al successo del Giro d’Italia. Sabato Vincenzo Nibali a Sant’Anna di Vinadio ha modellato un capolavoro che resterà impresso nel tempo. Ma il 28 è un giorno che ha portato fortuna, nel tempo, anche ad Ivan Basso, che venerdì scorso si è unito alla carovana del Giro d’Italia dopo le tre settimane sul Teide con Alberto Contador. Il 28 maggio del 2006, dieci anni fa, Ivan vinse il suo primo Giro, mentre il 28 maggio del 2010 all’Aprica il cassanese mise il sigillo decisivo anche sul suo secondo successo rosa.
Al termine di questa edizione del Giro d’Italia, abbiamo intervistato Ivan per chiedergli un suo punto di vista, partendo proprio dall’impresa di Vincenzo, un corridore che è cresciuto sotto la sua ala protettrice ai tempi della Liquigas: «É stato un Giro entusiasmante, la bellezza del ciclismo è proprio questa, non c’è mai nulla di scontato. Parliamo di una rimonta incredibile, nata non da una crisi ma dalla voglia di Vincenzo di vincere questo Giro. Perché
si sono dette tante cose in questi giorni ma nessuno ha sottolineato la sua bravura nel rimanere a contatto con i primi anche durante i giorni in cui non stava bene. Ha lottato nella parte centrale di questo Giro, quando gli altri ne avevano più di lui, e questo gli ha permesso di mettere le basi per questa rimonta straordinaria. I grandi giri durano 21 giorni, puoi anche avere una forma eccellente ma può capitare di tutto, lui è stato bravo a non mollare. Per ottenere un successo del genere devi essere esperto e abituato a gestire ogni momento: lui lo è stato».
In pochi si aspettavano un recupero di questo tipo da parte dello Squalo, Ivan sotto sotto sì: «Anzitutto, era importante capire quale problema avesse Vincenzo. Si sono fatte analisi troppo affrettate, perché le conclusioni si tirano sempre a fine corsa. Anche perché, intendiamoci, lui era comunque in lotta per un podio al Giro, che non è la campestre del paese. Vincenzo è stato sottovalutato troppo presto. In generale, però, Nibali ha vinto un Giro bellissimo, dando lustro ad un paese e ad un movimento intero, che sta ritrovando pian piano il suo splendore».
Borsino delle sorprese e delle conferme: «Per molti Chaves e Kruijswijk sono sorprese, però non lo sono del tutto, perché arrivano comunque da piazzamenti importanti. Chaves l’anno scorso è arrivato quinto alla Vuelta, sta raggiungendo una sua solidità ed è un atleta molto interessante per il futuro». L’alfiere della Tinkoff, Rafal Majka, ha un po’ deluso ed Ivan non lo nega: «Non nascondo che le aspettative fossero diverse, Rafal non è mai riuscito ad avere quella solidità che gli permettesse di lottare per il podio. Quando i migliori aprivano il gas, lui non c’è mai stato. Adesso dobbiamo pensare a come recuperarlo, perché dovrà gestire il doppio impegno, lo porteremo al Tour». La chiosa finale è dedicata a Ivan, che sabato ha festeggiato 10 anni esatti dal suo primo successo al Giro d’Italia, il 28 maggio 2006: «Sabato quando ho raggiunto l’hotel di Torino, ho incontrato 50/60 persone che erano lì in attesa di Vincenzo. Mi hanno travolto con fotografie ed autografi, ed è questa la cosa più bella, vale più del Giro perché significa aver lasciato un messaggio positivo alla gente, dal bimbo di tre anni al pensionato che ti ha tifato sulle strade».