Grazie Alafaci, gregario da copertina. Nel tuo sforzo c’è tutto lo spirito del ciclismo

Il commento del nostro Alberto Coriele

Il Giro d’Italia è dei vincitori e dei vinti, dei capitani e dei gregari, di chi vive sotto le luci dei riflettori e di chi lavora e suda nell’ombra. E l’arrivo di tappa ieri a Torino ha reso ancora più nitida questa contrapposizione di ruoli e di emozioni. Mentre Vincenzo Nibali, giustamente uomo copertina, e la sua Astana sfilavano per le vie della città senza ansie di classifica, dopo la neutralizzazione dei distacchi, in testa al gruppo la Trek-Segafredo menava duro,

Alafaci in testa, per regalare a Giacomo Nizzolo il suo primo successo in carriera al Giro d’Italia. Missione compiuta solo apparentemente, perché il brianzolo ha tagliato il traguardo a braccia alzate. Sullo sfondo del gruppo, il nostro Eugenio Alafaci esulta come se fosse stato lui a vincere questa tappa. Taglia il traguardo e abbraccia il compagno (nella foto qui sopra, a destra), perché questa vittoria la cercavano da mesi, da anni. Il ciclismo però è spietato, ed il declassamento di Nizzolo ha strozzato in gola l’urlo di gioia di tutti quanti. Rules are rules, le regole sono regole, e c’è davvero poco da fare. Il viso di Eugenio si vela di tristezza, sul suo profilo Facebook commenta in modo laconico: «É una decisione ridicola». Perché il Giro è dei vincitori ma anche dei gregari, coloro che lavorano per tre settimane al servizio di qualcuno più forte e vincente di loro, che vivono per far vincere un compagno. E l’abbraccio finale tra Alafaci e Nizzolo, appena dopo la linea di arrivo, ha mille significati. Un’istantanea di un’amicizia e di un lavoro che dura da mesi, e che ci rimanda ad un’intervista precedente di pochi giorni all’inizio del Giro. Gli chiediamo se riuscirà a ritagliarsi qualche spazio per la gloria personale, e lui ci spiazza così: «Tante volte preferisco farmi in quattro per un compagno che ha più potenzialità di vincere di me, piuttosto che pensare alla mia gloria personale. Mi viene in mente Nizzolo, perché oltre ad essere un compagno di squadra è il mio migliore amico: se lui dovesse vincere una tappa al Giro per me sarebbe una soddisfazione enorme, come se avessi vinto io. A volte dà più gioia il fatto di mettersi a disposizione di un compagno che pensare per se stessi». É vero, al Giro esistono anche i gregari.