L’uomo più saggio è colui che non pensa affatto di esserlo, diceva il poeta e scrittore francese Nicolas Boileau. É proprio ciò che traspare quando si parla di pallacanestro con Valerio Bianchini. Perché il Vate ragiona spiritualmente e passionalmente di basket, senza imporre il suo pensiero. Con lui abbiamo parlato di Varese, di Toto Bulgheroni in particolare per ricollegarci allo spirito ed alla passione, ma anche di Europa cestistica e di nazionale, in vista del pre-olimpico di Torino.
Con lui ci si può solo sedere ed ascoltare, partendo proprio dal ritorno di Bulgheroni: «Credo che il ritorno del Toto sia una notizia che dà grande conforto non solo al basket varesino ma in generale al movimento nazionale. È la figura che ha portato avanti il sogno dei Roosters, è l’uomo dello scudetto della Stella, figlio del presidente della grande Ignis. Ho sempre ritenuto Toto una persona di grande intelligenza e passione, che può
solo che far bene al basket di oggi. Perché il difetto di questi nuovi dirigenti è che si appassionano alla materia in maniera superficiale, la passione vera è davvero un’altra cosa. Per questo credo che la presenza di una persona come lui sia preziosa, perché riporta la cultura che c’era un tempo all’interno di questo sport. Rappresenta quelle persone, quei veterani guidati da una cultura affettiva e passionale per questo sport. Sono davvero rinfrancato del suo ritorno». Passione e cultura sportiva che si ritrovano anche all’interno del progetto “Il Basket Siamo Noi”, di cui Toto è uno dei capofila: «Varese aveva già anticipato i tempi con la nascita di Varese nel Cuore. L’inserimento di Bulgheroni, che oltre che uomo passionale è anche esperto a livello manageriale in grandi aziende, porterà una ventata di novità. E questo azionariato popolare è un esempio, perché dimostra che il vecchio regime delle squadre con il mecenate che cacciava i soldi è ormai superato. Bisogna trovare altre vie e questa può essere sicuramente una di quelle».
Da Varese all’Europa, che riguarda comunque da vicino i biancorossi. Ecco il Vate-pensiero: «Ho sempre pensato che la vera competizione europea fosse la vecchia Coppa dei campioni, che prendeva le squadre vincenti di ogni singolo campionato europeo più la vincente della coppa dell’anno precedente. Tutto è poi cambiato in una versione più mercantile, però a questo stato delle cose l’unica coppa per cui valga la pena sputare sangue è l’Eurolega. Le altre competizioni, come ampiamente dimostrato, possono soddisfare il gusto provinciale dei tifosi ma sono coppe che esigono uno sforzo tremendo da parte delle squadre a fronte di un beneficio economico di poco conto. Anche perché nelle partite casalinghe il pubblico non si vede quasi mai. La soluzione razionale sarebbe affiancare all’Eurolega la nuova coppa Fiba, ma ho il dubbio che queste continue polemiche e rivendicazioni possano andare avanti per tanto ancora». Capitolo nazionale e pre-olimpico: «Parto dicendo che Ettore Messina in panchina è il massimo a cui l’Italia potesse ambire. Io ho fatto l’allenatore della nazionale, quando ancora non era contemplato il part-time, ed è il peggior mestiere che uno possa fare. I giocatori arrivano stremati e spremuti dai vari campionati nazionali, e vanno unite le caratteristiche del gioco europeo a quelle del gioco americano. É una cosa che Pianigiani non è riuscito a fare, perché ad un certo punto quando affiorava la stanchezza ci si trovava a sperare nelle percentuali di Belinelli dall’arco. Già solo a vedere la partita contro il Canada, pur con percentuali pessime al tiro, si sono viste altre qualità tra cui il buon assetto difensivo, il gioco in post basso, inserendo dettagli e soluzioni tecniche che faranno la differenza. É un segnale importante, questa è una squadra che si farà e per cui sono molto fiducioso».