«Tre anni fa avevo un amico che si tagliava. Continuava a ripassare la lametta sulla stessa ferita. Adesso non si taglia più, ma gli è rimasta una brutta cicatrice sul braccio».
È la testimonianza di Givago Cutillo, studente del liceo economico sociale Curié di Tradate, che ha 19 anni appena compiuti e frequenta la quarta superiore. Per lui, come altri suoi coetanei, il “cutting” – ovvero dell’autolesionismo – è un fenomeno conosciuto perché amici o amici di amici lo praticavano negli anni dell’adolescenza.
«Sapevo di ragazze che si tagliavano la schiena reciprocamente. Sceglievano la schiena proprio perché lì venivano ferite più lunghe – continua il giovane, che sul tema del cutting in seconda liceo ha scritto anche una tesina – Anche il fratellino di un mio amico si tagliava. Metteva una maglietta a maniche lunghe e sotto era pieno di tagli. Si grattava sempre le braccia».
Ascoltando i giovani emerge che il cutting è una pratica che si verifica presto nell’adolescenza, intorno ai 13 anni.
Sono più le ragazze che i ragazzi a tagliarsi, forse perché non accettano i cambiamenti del corpo, che si trasforma in modo più evidente rispetto a quello dei coetanei maschi.
«Quando ho conosciuto il fenomeno del cutting ho pensato si trattasse di una moda – dice Cutillo – Il cutting, infatti, è una pratica legata agli “emo”. Alcuni ragazzi finiscano per tagliarsi per sentirsi accettati da un gruppo. Fino a lì pensavo si trattasse di una tenenza giovanile, poi ho conosciuto una ragazza che invece si tagliava perché in quelle ferite riversava la sua sofferenza e i suoi gravi problemi di famiglia. Insomma, fino a che ero più giovane il cutting mi sembrava un fenomeno in continua crescita, sia come “moda”, sia come “bisogno”. Adesso non lo sento più così tanto, forse perché sono diventato più grande e sono uscito dalla fascia di età critica».
“Emo” è il nome di una sottocultura giovanile nata a Washington D.C tra gli anni 80 e 90 legata alla musica punk.
Gli “emo” sono contraddistinti da un abbigliamento particolare: i vestiti sono nero-gotico con pantaloni aderenti e capelli tagliati asimmetrici.
Spesso gli occhi sono molto truccati. I tagli inferti a gambe e braccia vengono nascosti dai vestiti, ma fotografati e filmati e messi in rete.
«Considero l’autolesionismo un problema grave – continua Francesco Rodigari, rappresentate di istituto del linguistico Manzoni – Ci sono parecchi giovani che lo praticano per alleviare dolori o perché hanno problemi psicologici. Purtroppo per tante persone è diventata una moda. Siccome nel gruppo ci sono gli Emo o i Gothic, allora ci si taglia. Un po’ come chi consuma le droghe perché gli amici lo fanno».
Cosa fare dunque? «Bisogna indagare a fondo per capire cosa spinge un giovane a tagliarsi, se la depressione o altro – continua Rodigari – Il timore è che i comportamenti degenerino dal cutting fino ad arrivare ad altre pratiche più pericolose, magari legate al satanismo».
Il cutting, inoltre, è considerato dai giovani come un fenomeno connesso con il bullismo. Come se chi inizia a tagliarsi venisse spinto a farlo da qualcuno, come una pratica di iniziazione.
«Purtroppo l’autolesionismo finisce sempre per essere ridicolizzato come se non fosse un problema importante, persino in televisione lo prendono in giro in alcuni sketch comici– conclude Rodigari – Eppure secondo me non si dovrebbe scherzare su una cosa che i giovani magari iniziano a fare con leggerezza ma che può portare a gesti eccessivi»..
© riproduzione riservata