La «Chiesa della Madonna di Piazza, Chiesa, dico, di moltissima divotione et fabrica non meno bella che vaga, anci zoiello di tutta l’Italia».
Così Giovanni Battista Lupi definisce il Santuario di Santa Maria di Piazza, parlando delle funzioni liturgiche che si svolgevano nella chiesa, nella sua narrazione della peste del 1630 a Busto Arsizio.
Quel “gioiello di tutta l’Italia” l’anno prossimo compie 500 anni. Fu costruita a partire dal 1517, per iniziativa della Scuola dei Poveri (un consorzio di laici che assistevano i poveri e gli ammalati), e aperta al culto nel 1522.
È un meraviglioso esempio di architettura del Rinascimento. Per scoprirne i “segreti” ci affidiamo ad Augusto Spada, architetto e storico dell’architettura, che conosce il Santuario nei minimi dettagli, avendone eseguito tutti i rilievi, per restituirne piante, prospetti e sezioni in un minuzioso e appassionato lavoro di venti tavole che è pronto a mettere a disposizione in vista delle celebrazioni del prossimo anno.
«Innanzitutto si chiama Santa Maria di Piazza – spiega l’architetto Spada – non perché si trovi nella piazza Santa Maria, ma perché la “Piazza” per antonomasia era l’unica esistente, centro civile oltre che religioso. Infatti la parte bassa del campanile originariamente era l’antica torre civica, con la campana del Comune e tra la Chiesa e la torre c’era un locale di proprietà della Scuola dei Poveri che ospitava il Comune. Lì c’era anche il centro commerciale perché per secoli lì c’è stato il mercato, e l’amministrazione della giustizia, con la pretura».
Non solo, nell’attuale piazza c’era anche la famosa “piscina”, dove arrivava l’acqua del torrente Tenore, fondamentale per la vita del borgo, perché era il luogo dove si abbeveravano gli animali. Solo nel ‘500, con il ritrarsi dei corsi d’acqua in seguito alla “piccola glaciazione”, diventò una raccolta delle fognature, tanto che nel 1630, all’epoca della peste, le autorità decisero di “stoppare l’antichità della piscina”, come scrive il Lupi.
L’attuale Piazza Santa Maria è il vero cuore della città, tanto che anche dal punto di vista urbanistico è proprio questo il centro.
Attorno al Santuario è sorto il borgo, ecco perché celebrare Santa Maria ha un significato che travalica la dimensione religiosa o artistico-architettonica.
È la Chiesa della Madonna dell’Aiuto, «culto che unisce credenti e non credenti – sottolinea Spada – è ritenuta miracolosa, anche se non ci sono miracoli ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa, ma sono convinto che miracoli individuali che i bustocchi tengono nel loro cuore ce ne siano stati. Collettivamente si ritiene che sia un miracolo quello avvenuto nella Seconda Guerra Mondiale: il fatto che non ci fosse stata una sola vittima, nonostante i tanti bombardamenti su una città industriale come Busto, mentre a Legnano ci furono decine di morti e a Milano migliaia».
Poi c’è la leggenda di quella mano alzata che avrebbe fermato la peste in Canton Santo, nel corso di una processione. Spada lo definisce «il presunto miracolo, riportato nel bassorilievo del vecchio altare della Madonna smontato», in quanto dell’episodio «non ne narrano né il Lupi né il Ferrario nell’800, e poi le processioni erano un mezzo per diffondere la peste, perciò erano state disincentivate posizionando altari mobili in giro per la città».
La mano alzata potrebbe essere semplicemente un segno benedicente, ma tra le interpretazioni c’è anche quella che avesse le dita molto larghe perché le infilavano gli anelli…Resta il mito, e un affetto popolare che fa di Santa Maria la chiesa più amata dai bustocchi: le celebrazioni per i 500 anni «servono anche a riavvicinare i giovani a questo simbolo della città – secondo l’architetto Spada – ed è giusto che queste iniziative siano fatte insieme dalla comunità religiosa e civile».