I nostri ragazzini svegli e ignoranti

L’editoriale di Laura Campiglio

I ragazzi di Varese, vivaddio, fanno sesso. E neanche poco, stando ai numeri diffusi dalla Asl: tra i diciassettenni, uno su tre avrebbe già avuto da due a sei partner, uno su cinque ne avrebbe avuti più di sei. Un’ottima media, non c’è che dire.

Dunque i diciassettenni non stanno tutto il giorno su Facebook. Dunque non diventano ciechi a forza di guardare YouPorn. Dunque non si limitano alle allusioni lubriche su WhatsApp, no: questi intraprendenti minorenni all’atto pratico passano eccome.

Anzi, diciamolo forte e chiaro e facciamocene una ragione: i diciassettenni imberbi consumano più dei trentenni navigati. E questa, al di là di pruderie e moralismi, è notizia tutt’altro che cattiva. Significa che in un’epoca in cui i rapporti virtuali tendono a prendere il sopravvento, i ragazzi – almeno loro – rimangono fedeli alla vecchia scuola: va bene il messaggino, ok la fotina, ma poi l’obiettivo è andare fino in fondo.

Un po’ quello che avreste voluto fare tutti voi, da che mondo è mondo, quando avevate l’adolescenza addosso e gli ormoni in subbuglio.

Ma se per i teenagers degli anni Novanta e Duemila le probabilità di realizzare le proprie confuse fantasie erotiche erano tutto sommato limitate, forse perché dipendenti da una lunga serie di variabili quali l’ora del coprifuoco serale, la popolarità a scuola, la musica ascoltata, il motorino guidato e l’ultimo libro letto, i ragazzi di oggi hanno vita più facile: il sesso, questo sconosciuto, è a loro ben noto. Il che non è male, essendo quella sessuale una curiosità assolutamente sana, per un adolescente.

L’inevitabile rovescio della medaglia è che essere attivi non significa essere consapevoli. E i nativi digitali lo sono meno che mai, a cominciare proprio dalle insidiose interazioni tra sesso e web.

Il rischio più immediato, torniamo a ripeterlo, è subire molestie sessuali e intollerabili violazioni della privacy: il rituale del sexting – l’invio della foto osé se non apertamente pornografica per dire, romanticamente, «ti penso» – è una pratica ormai di uso comune che espone migliaia di ragazzini ai più biechi ricatti («se tu non fai questo per me io metto le tue foto su internet») o nei casi peggiori a una gogna mediatica di rara ferocia.

C’è poi tutto il campionario delle infezioni sessuali, spesso subdolamente asintomatiche, che insospettabili adolescenti varesini, tutti faccia pulita e buona famiglia, si passano l’un l’altro come soldati mercenari con frequentazioni postribolari.

E poi ci sono le volte in cui il prezzo di una notte brava è davvero troppo alto: la Asl pone l’accento sulle interruzioni di gravidanza, in aumento anche presso le giovanissime, e sul contagio da Hiv, che negli ultimi quattro anni ha fatto registrare a Varese ben venti casi in una fascia d’età tra i 20 e i 24 anni, e due casi tra i 18 e i 20 anni.

Soluzioni? Spiacente ma non le troverete in coda a questo articolo.

É difficile invocare un serio programma di educazione sessuale quando su Yahoo Answers quindicenni candide e sprovvedute chiedono se bere molta Coca Cola possa valere da contraccettivo.

Ed è ancora più difficile, per noi adulti, puntare il dito contro la promiscuità dei costumi quando i parcheggi dei motel verso Malpensa sono strapieni e il traffico verso la verde Svizzera, destinazione bordello, più intenso che mai.

Spiegateglielo voi, ai ragazzi, come ci si comporta.