– Il day after all’Isis Keynes di Gazzada ha varie sfumature: a fare da contorno alla pioggia che fatica a trasformarsi in neve ci sono rabbia, silenzi, incredulità e sorpresa. Gli “spiati”, i professori che ogni giorno frequentano l’istituto, hanno per la maggior parte appreso la notizia dai giornali: un funzionario amministrativo – un collega nel senso generale del termine – ha controllato la loro vita lavorativa per oltre un anno, indebitamente e su iniziativa personale. Questa sorta di Grande Fratello in salsa scolastica ha reso gli stessi docenti vittime incolpevoli ed impreparate, anche nelle reazioni.
Al suono delle campanella alcuni di essi non lesinano, però, commenti alla vicenda. Cosa ci facevano le telecamere nella loro sala riservata, in quella destinata al ricevimento dei genitori e lungo i corridoi, nascoste sul soffitto – tra i tubi del riscaldamento e quelli dell’aria condizionata – a puntare sulla zona di timbro dei cartellini? «Ce lo stiamo chiedendo anche noi – afferma il primo intervistato – Prima di giudicare la colpevolezza, vorrei capire se dietro non ci siano davvero motivi di sicurezza: di certo noi non abbiamo nulla da nascondere».
Nessuno sapeva di questa iniziativa: il funzionario avrebbe fatto tutto da solo, spendendo circa 4000 euro ed attingendo ai fondi della scuola da lui personalmente gestiti. Anche per tale ragione, non tutti sono disposti ad aspettare ulteriori sviluppi per manifestare il fastidio provato: «Ora capisco perché ci sono stati negati i soldi per alcuni progetti – commenta una giovane professoressa visibilmente turbata dalla questione – Evidentemente sono stati utilizzati per questo scopo. Mi sento offesa, arrabbiata: è stato infangato il nome della nostra scuola. Ho intenzione di costituirmi parte lesa». La stessa docente aggiunge: «Lo scorso anno ci sono stati alcuni furti. Abbiamo chiesto l’installazione di telecamere: ci è stato risposto che non sarebbe stato possibile farlo ed alcuni di noi hanno addirittura subito minacce anonime per questa richiesta. Ora scopriamo tutto questo: sono incredula».
C’è chi, allo stesso modo, non riesce a nascondere la propria amarezza, pur restando più cauto: «Vorrei evitare di esprimere un giudizio ora – è l’opinione di un’altra collega – Dico solo che la sospensione di questa persona è giusta, in attesa di capire le motivazioni del gesto». Anche , segretario provinciale Flc Cgil, si limita ad una constatazione: «Nessun controllo del personale può andare oltre le forme previste dalla legge o dal contratto – dichiara – Intendo informarmi meglio, però, per capire come agire ora».
Pare che il funzionario inquisito abbia inviato ieri ad alcuni amici una lettera di discolpa. Nella missiva, l’uomo preciserebbe di essere indagato e spiegherebbe i motivi del suo agire: le telecamere sarebbero state installate con il consenso della dirigenza e per motivi di sicurezza, in seguito a furti e danneggiamenti passati e nel pieno rispetto delle disposizioni in materia di privacy. La preside , pur non rilasciando alcuna dichiarazione ufficiale alla stampa, ha invece ribadito più volte di essere assolutamente non a conoscenza delle presenza di tali strumenti di controllo.