L’itinerario che vi proponiamo oggi è un ricordo. Un ricordo pescato dall’infanzia di chi oggi ha quarantenni ed è probabilmente un ricordo comune a molti. La gita in valle Quarazza, sino alle sponde del lago delle Fate era un classico dell’oratorio feriale di ogni dove tra Lombardia e Piemonte. Un ricordo di quando le aziende, gli uffici, chiudevano sistematicamente per le classiche ferie d’agosto, non come oggi dove si parte scaglionati e si fanno i turni. L’Italia si fermava per una ventina di giorni, più o meno, ma luglio si lavorava tutti. E con le scuole chiuse, senza campus dove i bambini imparano l’inglese, oppure workshop per ragazzi amanti dell’archeologia tra gli scavi siciliani, i genitori con gli uffici ancora aperti avevano una sola soluzione: l’oratorio.
E gli animatori s’ingegnavano: prima di Gardaland, prima di Mirabilandia per far divertire i ragazzi c’era soltanto la natura. E allora eccola qua, questa gita alla portata di chiunque, non a caso era gettonatissima per piccoli dai 6 anni in su, che ti portava a più di 1.300 metri d’altezza. Fatto che attualmente, tra Caronte e il caldo africano, dovrebbe essere guardato come a una benedizione. Per raggiungere la valle Quarazza da Varese si imbocca l’autostrada A8 in direzione Laghi (Gravellona Toce), quindi al bivio si imbocca l’autostrada A26 direzione Gravellona Toce; da qui si continua sulla superstrada direzione Domodossola-Sempione, uscita Piedimulera. A seguire si sale per 28 km lungo la Valle Anzasca lungo la Strada Regionale 549 Piedimulera – Macugnaga. In giornate senza particolare traffico si arriva a destinazione in un’ora e mezza circa prendendosela comoda.
L’escursione parte da Borca di Macugnaga, frazione dell’abitato principale, composta da una manciata di baite molto ben tenute. Il lago delle Fate è un lago artificiale. Si formò in seguito alla diga costruita nel 1952 che sbarrò il torrente Quarazza creando un bacino idrico al fine di alimentare la rete di energia elettrica che alimentava le attività minerarie nella zona. Oggi di quel passato restano dei pannelli illustrativi. Ma ai bambini veniva raccontato di cercare quarzi preziosi,
pezzi di luccicante pirite; residui di quello che fu sino a 70 anni fa circa il nerbo dell’economia locale. A Borca è possibile anche visitare in questo senso la miniera d’oro della Guia, un salto nel tempo. Il sentiero è semplice e percorribile in un paio d’ore al massimo. Servono scarponcini da trekking perché a tratti la strada è pietrosa: meglio camminare in sicurezza. Dalla miniera seguite le indicazioni per Fornelle. Qui troverete l’attacco del sentiero: si parte con dei gradoni che sembrano impegnativi ma in 15 minuti si arriva in mezzo al bosco. Il dislivello è dolce e l’aria fresca.
In una quarantina di minuti si arriva al lago. Vederlo spuntare dal mezzo di una radura è sempre un’emozione. Si chiama bosco delle Ftae per i suoi colori: l’acqua vira dallo smeraldo al cobalto ed è freschissima. Se alla cita partecipano dei bambini è consigliata una vista a Crocette. E’ a dieci minuti di distanza dal lago. Se ai piccoli direte “andiamo a Crocette” sbadiglieranno. Se invece la chiamerete il posto con il nome che ormai tutti usano in questa zona, ovvero Città Morta, il successo è assicurato. Si tratta in realtà di un villaggio ormai abbandonato da decenni abitato dai minatori che lavoravano nella zona. A noi, da bambini, raccontavano che era la versione casalinga del Far West. Terra i confine, corsa all’oro, minatori. La frontiera, insomma, ma senza sparatorie. E’ un posto che racconta di speranze (moltissimi i minatori immigrati in cerca di fortuna), di speranze e di lavoro e vita durissimi. Per rifocillarsi diamo un consiglio. Vicino al lago, ormai meta notissima, ci sono due ottimi ristoranti.
Ma una gita così si presta ad un pranzo al sacco da godersi sull’erba, al fresco, magari con i piedi bagnati dalle acque del lago sempre freschissime anche con temperature devastanti. Per guastarsi davvero la gita assaggiate i sapori del posto. A Borca ci sono due alimentari. Sono due piccoli negozi lontani anni luce dai centri commerciali dove mangi dall’aragosta alle ciliegie in ogni stagione. Il pane è sempre fresco (non ne producono in quantità industriali) e hanno quasi sempre un’ottima selezione di formaggi locali. Si tratta per lo più di tome d’alpeggio. E’ possibile anche assaggiarle prima di scegliere. Una fetta di formaggio incartato nella vecchia carta oleata e un panino fragrante saranno la miglior ricompensa una volta raggiunta la meta.