Napoli è un concerto a cielo aperto. Si canta per amare, per chiedere scusa, per intrattenere, per salutare. Napoli è il cuore di un repertorio canzonettistico da considerarsi “uno dei punti di eccellenza della canzone italiana”. Così recitano alcune fra le enciclopedie musicali più accreditate.
E così sostiene anche l’Ensemble Archetipo, il sestetto che oggi, alle 21, a Villa Cagnola di Gazzada Schianno (ingresso 10 e 15 euro) farà rivivere «in un piccolo racconto, breve ma efficace – dicono gli artisti – le origini di un genere ormai riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità». Racchiudere in poco più di un’ora ciò che è la canzone napoletana antica (popolare, classica, d’autore nel rispetto delle sonorità originarie), non è da tutti. Vuoi per il fine che si è sempre posta – descrivere in note e parole i colori, i suoni e i sapori di una città divisa tra “miseria e nobiltà” – e vuoi per le complessità stilistiche che la accompagnano.
Il programma dell’Ensemble Archetipo è uno spartito che trasuda Storia. A spiegarlo sono gli stessi (voce e mandola), (voce e percussioni), (liuto cantabile), (chitarra),
(chitarra solita) e al basso acustico. «Nella canzone napoletana – sottolineano – si fondono diverse forme espressive rintracciabili in quelle culture dell’area mediterranea con cui Napoli è venuta a contatto. La fioritura della lirica vocale sorta già nel Trecento, le Villanelle del Quattrocento, la tradizione popolare delle Moresche, delle Tammurriate e delle Calascionate».
Potrebbe bastare già questo, e invece gli intrecci di popoli, intonazioni, scale e notazioni si amplifica: «Non si può dimenticare la produzione colta della settecentesca Scuola Napoletana». E sarà forse per questo che alcuni musicologi sostengono che «la canzone napoletana apparterrebbe eccezionalmente alla musica colta». Il discorso non è semplice: in programma ci sono “Te voglio bene assaje” scritta da e , “Palummella” di e , “Io te vurria vasà” di e , “Reginella” di e . Insomma, la grande tradizione che di secoli in secoli ha superato i tanti confini geografici e culturali fino a far coincidere l’intera cultura della nazione italica con quella del suo Sud meno fortunato. Eppure ricco di potenzialità e di quell’”oro” musicale che i napoletani regalano da sempre, a tutti.
Insomma, il concerto questa sera si preannuncia atipico perché volto a scandagliare le «suggestioni musicali di una capitale antica». Che antica, sotto un certo punto di vista, lo vuole ancora essere. È questa sua resistenza a conservare il passato che l’ha fatta grande agli occhi di chi napoletano non lo era ma lo avrebbe voluto essere: da Ella Fitzgerald a Nina Simone, da Paul McCartney a Elvis Presley.