I varesini che passano la dogana «Non sbagliano loro, ma noi»

«Gli Svizzeri fanno bene. Non sono loro che sbagliano, ma noi italiani».

A parlare è Davide Begonzi, frontaliere varesino da otto anni. Bergonzi non si sente offeso dalla decisione presa dai suoi “datori di lavoro”. «Gli svizzeri tutti, dai politici ai pensionati, sono persone razionali e che vogliono il bene del proprio Paese: non sono razzisti e difficilmente le scelte fatte risultano poi quelle errate». 

Bergonzi è un’operaio specializzato e ritiene che chi contesta l’esito del referendum elvetico abbia mal interpretato l’intento della Confederazione. «Il risultato delle votazioni ha come obiettivo quello di stabilire dei tetti che fissino le quote massime di permessi che potranno essere garantiti ogni anno a stranieri, frontalieri e richiedenti asilo e non vietarne in assoluto il loro ingresso. È un modo per limitare l’immigrazione in un momento in cui anche diversi altri Stati europei sono preoccupati dal possibile afflusso di cittadini stranieri, soprattutto da parte di bulgari e romeni». 

In realtà, il pensiero di Bergonzi è condiviso dalla stragrande maggioranza di chi, ogni mattina, attraversa la dogana per raggiungere il proprio posto di lavoro. «Quello che gli svizzeri vogliono evitare è la fuga di cervelli – spiega Carla Manenti, dipendente a Stabio – cosa che, invece, sta accadendo in Italia. Hanno perfettamente ragione nel chiedere una razionalizzazione dell’immigrazione a favore dei propri cittadini». C’è poi il signor Armando, barista al ristorante “Le fontanelle” a Mendrisio. «Io vado in pensione tra poco – racconta -questa situazione mi tocca marginalmente. Ma se fossi stato uno svizzero avrei votato anch’io a favore del referendum». 

Quello che molti frontalieri del Varesotto contestano è la presa di posizione da parte di Bruxelles nei confronti della scelta fatta dagli elvetici. «Questa è vera democrazia – precisa Paolo Sarti, impiegato a Lugano -: in questo modo la Svizzera dimostra di compiere le proprie scelte in autonomia. È l’unico Paese che si può ritenere realmente libero. Bruxelles non può entrare nel merito di una scelta democratica che, peraltro, ha motivazione fondate e supportate dai dati».  Sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e cantonali, da un paio di giorni, aleggia la preoccupazione da parte di esperti e industriali in merito alle conseguenze negative che questa nuova norma può avere sul mercato del lavoro del Paese. «La Svizzera è un Paese in grado di trovare una soluzione anche a questo problema – conclude Franca Vimercati, – L’economia della Confederazione non potrà che migliorare».

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