VARESE La lotta sulla Tav infuria in Val di Susa e a Roma, e anche Varese vuole fare la sua parte.
Nei vent’anni di protesta della valle piemontese contro il tunnel dell’alta velocità della Torino-Lione, alcuni varesini hanno partecipato alle manifestazioni contrarie al progetto. Perché la Val di Susa e il movimento No Tav sono diventati un simbolo, come raccontano Stefano Ferrario e Fabio Bertoni. Ma è difficile riportare sul nostro territorio quella volontà di difendersi,
dicono gli attivisti.
Ferrario abita a Marnate ed è stato prima nella Rete Lilliput, poi nel Social Forum di Varese e ha ancora sulla testa una cicatrice a ricordo delle manganellate prese a Genova nel 2001. «Sono andato un paio di volte alle manifestazioni No Tav di Torino, nel 2006 e 2007. Quello che mi ha colpito è stata l’unità dei valsusini: dai piccoli di dieci anni ai nonni di 80, tutti partecipavano per difendere la propria valle dallo sfruttamento insensato».
Secondo Ferrario, la Val di Susa è «un simbolo di lotta per la giustizia e la democrazia. Dovremmo imitarli, senza scadere nelle violenze di pochi. Perché lassù non vogliono solo distruggere un territorio già provato, ma farlo sulla pelle della gente: le montagne attraverso cui passerebbe il tunnel, infatti, sono ricche di amianto. Che con gli scavi si disperderebbe nell’aria»
La caparbietà dei No Tav è un modello anche per Fabio Bertoni, classe 1988, impegnato nei movimenti come Fabbrica di Nichi e Tilt “la rete della sinistra diffusa”. «L’ultima volta sono stato in Val Susa a luglio. Nel presidio davanti al cantiere c’erano dei bambini cresciuti lì dentro: dovremmo imparare da loro, dalla loro voglia di democrazia e dalla loro forza nel difendere il proprio territorio». Secondo Bertoni, la Val Susa può insegnare ai varesini a «resistere alla violenza ambientale ed istituzionale che vuole imporre un’opera sulla pelle della gente. La violenza di poche centinaia di manifestanti, di fronte a questo, è niente».
La sinistra varesina, intanto, si interroga via web. Dal suo blog Giuseppe Adamoli, ex consigliere regionale Pd, dice di non condividere le ragioni della protesta, e che «il problema delle ingenti quantità di risorse pubbliche (utilizzate o sprecate) non si affronta con i centri sociali e con i gruppi politici contrari all’opera sparsi in tutta Italia, si affronta in Parlamento, semmai dopo averli ascoltati».
Una settimana prima era stato Andrea Civati, consigliere Pd a Palazzo Estense, a scrivere della Tav, denunciando che «l’unica assente ingiustificata in questa storia ventennale è la politica, e sarebbe una vittoria di tutti se tornasse a giocare un ruolo da protagonista».
s.bartolini
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