Anno meraviglioso perché tutti hanno imparato che, prima di pronunciare il nome del Varese, devono pulirsi la bocca. Chi non l’ha capito, è finito in Lega Pro (mandare giù il Novara è un’impresa più grande della serie A) o peggio. Ci siamo salvati tre volte: il 13 giugno, il 15 luglio (l’iscrizione) e a fine dicembre (senza penalità saremmo in B). Manca la quarta salvezza, quella che conta e si chiama Spartaco Landini. Ci siamo liberati di molti nemici (non di tutti,
per fortuna) e siamo rimasti in pochi, quelli veri, gli ultimi barbari. In campo: una squadra che indossa magliette così – «B come Bettinelli» e «Spartaco vinci per noi» – non retrocederà mai perché in un calcio senza soldi né campioni vincono solo passione e amicizia (vedi Catania e Carpi, facce diverse della stessa medaglia). Fuori campo: i 18 tifosi arrivati a Latina un lunedì feriale, i calendari della curva per i bambini malati di tumore (dai giornalisti al custode, da Zecco agli ultrà: tutti uniti o tutti morti), l’iscrizione di D’Aniello e Laurenza a 41’ dal nostro funerale.
Dediche speciali. Ad Angelo Rea: essere duri e puri, in un mondo senza palle, è un onore non una macchia. A Fernando Di Cristofaro perché nel 2014 è ancora possibile innamorarsi del Varese. A Giancarlo Giorgetti e Tiziano Masini perché nella vita non è il nome che fa la differenza ma quello che c’è nel cuore.
E a te, Varese, amore mio.