Il canto della natura e dei suoi abitanti, della purezza cui l’essere umano vorrebbe e dovrebbe tendere, ma difficilmente ci riesce.
Arriva in libreria “Il Ballo delle Zucche Vuote” di Giorgio Martignoni, edito da abrigliasciolta.
«Una favola per tingere di colore i grigi tempi in cui siamo caduti. Perché la speranza è sempre verde, l’amore rosso, l’impegno arancione e l’azione viola… E perché nella fantasia di Martignoni, come nella realtà, se solo osservassimo il mondo che ci circonda e seguissimo i consigli della natura e degli animali non umani, potremmo danzare semplicemente per difendere una specie in pericolo e disegnare una realtà, aperta a tutti i popoli di tutti i colori, giovane, ricca di cultura e proiettata nel futuro…».
Parole magiche quelle che introducono l’ultimo gioiello prodotto dalla casa editrice abrigliasciolta, che annuncia l’uscita della terza fiaba, nata e cresciuta tra le mani degli artigiani di casa (editrice).
«E come le precedenti si affida ad una scena naturale, lasciando la parola proprio agli animali non umani, quelli che ci guardan dalla e nella giusta prospettiva – prosegue la nota stampa della casa editrice – L’autore si è sempre sporcato le mani con abrigliasciolta sin dalla sua nascita, a cui ha collaborato fattivamente. Ha regalato ai lettori indimenticabili momenti di animazione sonora, visiva e testuale, contribuendo alla scrittura collettiva di esempi sperimentali, come Un’idea in azione (2010)».
Giorgio Martignoni ha proposto, ad alta voce, “Il Ballo delle Zucche Vuote” proprio per concludere un anno impegnativo «con una favola politico-civile rivolta ad una specie in via di estinzione per l’inconcepibile chiusura all’altro da sé».
Il lavoro redazionale è stato un gioco di associazioni con narrazioni, parallele e ipertestuali, iconiche e poetiche: una generAzione di contributi da parte dei rappresentanti del collettivo portante il progetto abrigliasciolta. IncubAtrice, oltrAttore e notAtrice hanno risposto allo stimolo per disegnare insieme la voce del futuro prossimo. L’incubAzione è di Chiara Daino e l’oltrAzione di Giuseppe Ciarallo, poeti dalla forte parola, che portano avanti una collaborazione costante con abrigliasciolta. La notAzione iconografica a cura dell’editrice Ombretta Diaferia.
«Mi sono ispirato principalmente al cantastorie Peppino “Picalò” Bollani che cantava le gesta di Coppi (detto l’Airone) che elegantemente – spiega Martignoni – e, apparentemente senza fatica, inseguiva e superava i suoi avversari e i gregari che si muovevano come delle lepri, saltellando inutilmente sui pedali. Ottimo complice si è rivelato Leopardi, il Giacomo de La vita solitaria, “O cara luna, al cui tranquillo raggio/danzan le lepri nelle selve…”».
«Infine – prosegue l’autore – mi ha definitivamente orientato verso questa versione finale de “Il Ballo delle Zucche Vuote” il profilo della lepre delineato da Carlo Lapucci: “ha come stigma la paura e, quindi, la fuga, ma resta un animale con la sua nobiltà e il suo mistero, collegata con la foresta e i riti misteriosi della natura, quale è la sua favolosa danza sotto la luna. È oggetto di molte credenze: prima di entrare nel covo fa corse e salti in diverse direzioni per confondere il fiuto dei predatori; sembra che non stia mai in coppia, come il pettirosso, e non si trovi mai più di un animale in una zona del bosco».
«Nel gergo dei liutai – le zucche indicano strumenti di nessun pregio, ma Giorgio Martignoni riesce concertare spartito sapiente, invitando all’antica danza della ragione» sottolinea Chiara Daino.
E Giuseppe Ciarallo spiega: «Ho preso parte al ballo perché sento il dovere morale, come essere senziente, di partecipare al progresso della specie cercando di riempire di sale quante più zucche vuote possibile… Una favola è una favola. A una favola non è richiesta nemmeno la verosimiglianza e il lieto fine è quasi la sua naturale conclusione. Chi gramscianamente crede nell’ottimismo della volontà e nel pessimismo della ragione, sa che è alquanto improbabile la fine per implosione di un potere che si distingue per chiusura (mentale e verso il prossimo), ignoranza, volgarità e violenza, soprattutto nel penoso momento storico che ci è toccato in sorte».
«Il segno della Lepre rappresenta l’immortalità nell’astrologia cinese – si legge nella notAzione – Ed è equiparato al gatto. Forse per le doti riproduttive dell’animale, anche i nati sotto questo segno hanno la capacità di rinascere dalle proprie ceneri: quando si abbattono su di loro le difficoltà della vita e tutto sembra perduto, tranquillamente si risollevano e, a piccoli passi, recuperano la perdita. È la storia di questo volume, realizzato in quattro e quattrotto da noi quattro anarcoidi leprotti (in collaborazione con il National Legraphic) caduti nel cappello di un mago che ci ha servito una storia di lepri e di colori, volutamente virati in b/n».
«Son tempi grigi, ma ogni crisi è un’imperdibile opportunità! Giorgio Martignoni ha tirato fuori dal cappello una storia “in letargo”, benché la stagione si annunci nel principiare solo a chiusura volume. Chiara Daino e Giuseppe Ciarallo l’han condita. abrigliasciolta l’ha cucinata. Ed eccovi servita la storia della nostra vita: da piccoli leprotti danziamo con gli uomini rossi, ma ben sappiamo che, finché non sarà totalmente pubblica la danza macabra “al verde”, a nulla serve esser lesti: ci toccherà perdere a tavolino. Per questo continuiamo imperterriti a ri|cercare sfide. A piccoli passi in cultura civile. Per difendere una specie in pericolo e dichiarare l’indipendenza della contea delle Zucche Vuote “aperta a tutti i popoli di tutti i colori, giovane, ricca di cultura e proiettata nel futuro!” La nostra finale l’ha vinta la lepre».
E quindi la notAzione iconografiche conclude: «La parola che canta lascia sempre immagini indelebili. Per questo ho annotato la favola delle Zucche Vuote con scatti dal mio archivio e confesso di averne depennati molti. Sin dalla prima lettura ho cercato una narrazione laterale, poi mi son arresa alla scansione delle “versificazioni” politico-civili. Cantando, sempre. E ballando, ovviamente, in giro per il mio mondo da archiviatrice di vita. È una composizione DADA la copertina di questo primo singolo martignonico. abrigliasciolta ha sperimentato un quartetto, le cui voci intonano all’unisono: “Riempite le loro zucche/leggendo loro un buon libro!”».