La pallacanestro italiana adesso ci deve ringraziare: deve ringraziare Varese, e il suo allenatore. Perché per il bene di un movimento moribondo ha fatto più un mese di Pozzecco che dieci anni di vuoto e parole. Che ci fosse bisogno di un personaggio così non avevamo il minimo dubbio, che al basket mancasse una figura come la sua lo sapevano anche i sassi. Ora Pozzeco è davvero tornato, e il fatto che a riportarlo al suo posto sia stata Varese ci riempie d’orgoglio.
Perché? Eddai: dopo un decennio nel quale ci siamo fatti ammorbare da un mondo fatto di “pick and roll” e “zone press”, dopo anni in cui siamo stati schiacciati dalla verbosità di un basket relegato al freddo di una statistica, abbiamo riscoperto il lato romantico e godereccio di questo sport.
Ci siamo ricordati d’un soffio di quanto questo gioco e tutto quel che gli gira attorno possa essere bello e divertente, di quanto la pazzia sia quasi sempre ambasciatrice di messaggi positivi. Sì: Gianmarco Pozzecco è il vero main sponsor di questo campionato: l’uomo che riporterà sul nostro basket un’attenzione che fino a qualche mese fa ci si poteva soltanto sognare. Prendete un po’ quello che è successo ieri: una presentazione del calendario pensata male, lenta e noiosa, che non sarebbe stata filata da nessuno se là in prima fila non ci fosse stato seduto il Poz a dispensare battute e a sdrammatizzare. Una diretta web fatta dalla Gazzetta che nessuno avrebbe visto per più di dieci secondi senza cliccare da un’altra parte e che invece è stato il video più cliccato del giorno: perché tutti (anche quelli a cui del basket non gliene frega niente) volevano vedere Pozzecco.
Certo: il presidente Coppa c’ha ragione da vendere quando dice che il Poz mica è stato preso per fare il gioppino, ma per allenare la squadra. Vero: ma il prezzo del suo ingaggio (che per metà dovrebbe essere pagato dalla LegaBasket) è già giustificato. Pensate se poi dovesse saltare fuori che è pure un coach vincente al massimo livello.
E allora? E allora: bellissimo. Bellissimo, con un paio di consigli. La Pallacanestro Varese ha tra le mani un allenatore che non è solo un allenatore: è una bomba comunicativa, un crack mediatico, un fenomeno del microfono e del taccuino, un Mourinho in piccolo. Lo sfrutti nel modo migliore, veicolando le sue potenzialità perché siano un vantaggio per il suo futuro e le sue casse.
E poi, c’è il resto. C’è la curiosità dell’Itaila intera di vedere come se la cava in panchina, c’è la bellezza di aver scorto gli occhi di tutti i tifosi andare a cercare il giorno in cui Varese avrebbe giocato contro la loro squadra, perché il Poz lo andranno a vedere tutti. C’è il fatto che in un’estate fatta di squadre scomparse e bugie svelate, Varese sia la protagonista della storia più bella. Noi non lo sappiamo come andrà a finire, non lo sappiamo davvero: ma sappiamo che da un sacco di tempo non c’era una sensazione così. Quel “non vedo l’ora che si inizi”, che sta rendendo i tifosi varesini i più invidiati d’Italia. Senza aver vinto (ancora) nulla.
Francesco Caielli
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