Il 14 giugno di 200 anni fa, “per graziosa risoluzione di Sua Maestà l’Imperatore e Re”, Varese compiva il decisivo passo burocratico-amministrativo verso un traguardo epocale: l’elevazione al rango di città. Lo divenne effettivamente il 6 luglio successivo.
Fu l’agognato riconoscimento a una comunità appassionata, laboriosa, schiva. Fiera del suo passato e fiduciosa nell’avvenire. Tratti che, oggi come allora, rappresentano il nostro dna e gli ingredienti di una storia che merita di essere celebrata: Varese è stata casa di uomini illustri, di eccellenze imprenditoriali, di bellezze architettoniche, di tesori culturali. Con una particolare attenzione verso la beneficenza.
La voglia di proseguire la tradizione rimane viva nell’attualità, con idee fresche e impegno intenso sui fronti economico, culturale, ambientale, sociale. Le nuove generazioni non confliggono con le vecchie: ne sono le eredi, e intendono dimostrarlo.
I trentenni e i quarantenni del 2016 potrebbero sottoscrivere quel che nel 1866 disse l’ingegner Carlo Carcano, primo sindaco di Varese nell’Italia risorgimentale riunificata : “È un’epoca importante, di scelte complicate e coraggiose, di modelli nuovi da proporre, di consenso difficile da chiedervi. Cari varesini, ci riusciremo”.
E ci riuscì. Alla sua morte, la stampa locale lo ricordò così: “Richiesto di un cumulo di personali servigi, rispondeva burberamente, ma affrettandosi ad eseguirli”. È un testamento morale da rispettare anche oggi. Umiltà, spirito di sacrificio e amor civico sono il brand della varesinità. Non dobbiamo inventarci nulla, solo essere capaci di ricordare chi siamo.