– Torna accessibile il camping di Azzate: l’area non soltanto non è più sotto sequestro ma non verrà mai confiscata. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha accolto in toto il ricorso degli avvocati e , legali della cooperativa proprietaria dell’area e dei soci che in quel camping aveva realizzato il loro buen retiro stabilendovisi in via definitiva.
«I soci possono accedere al camping e alle loro proprietà anche in questo momento», precisa Zanzi. A 5 anni dall’inizio delle indagini, con un maxi sgombero portato a termine nel 2012, l’intera vicenda si è sgonfiata completamente: tutti assolti gli indagati mandati a processo e nessuna confisca dell’area. Sul piatto resterebbero i danni per il mancato godimento dei beni da parte dei proprietari negli ultimi 5 anni: «andrebbero chiesti a che ha mandato queste persone a processo», precisa Zanzi. La vicenda è nota: il camping, secondo la magistratura varesina, negli anni era diventato invece una sorta di comune a sè stante. Le circa 500 persone che ci vivevano, sgomberate nel 2012, si erano comprate negli anni la classica piazzola da campeggio, edificandola con graziose casette in legno, dotate di allaccio alla rete fognaria, alla linea elettrica e a quella idrica.
Per la procura di Varese un maxi abuso edilizio-urbanistico: un paese sorto senza alcuna regolamentazione. Ci fu il processo agli amministratori della società che gestiva il tutto: gli imputati sono stati assolti completamente sia in primo grado che in appello o perché il fatto non costituisce reato (per alcune contestazioni) o per intervenuta prescrizione (in relazione ad altri capi di imputazione). Nessuna condanna, dunque. Tuttavia in entrambi gradi di giudizio i magistrati avevano ritenuto che, pur senza pena, essendo il terreno stato abusivamente lottizzato, l’area deve essere confiscata. E chi qui ha vissuto per anni, che ha speso migliaia di euro per comprare il terreno e costruire la propria casa avrebbe perso tutto.
La Cassazione ha cancellato questo rischio annullando la pena accessoria vista l’assenza di condanne. Con la decisione della Cassazione, ovviamente, viene a cadere anche l’ordinanza di demolizione già emanata dal Comune e rimasta in sospeso in attesa della decisione dei giudici della Massima Corte.
Ma non è finita. In sospeso infatti c’è la causa davanti al Tar che vede contrapposti Comune e soci. Gli ex residenti chiedono un risarcimento complessivo pari a 20 milioni: fu il Comune ad autorizzare tutti gli allacci ai servizi. Da 5 anni chi viveva al camping è stato privato di una proprietà che, almeno sotto il profilo dei servizi, aveva tutte le autorizzazioni in regola. Cinque anni di mancato godimento di un bene per 500 persone.
«Siamo pronti a continuare in tutti i gradi di giudizio – spiega Zanzi – Dopo il Tar ci rivolgeremo al consiglio di stato. Il Comune ha autorizzato costruzioni, allacciamenti ai servizi di fognatura. Il tutto nell’arco di 30 anni. Mai c’è stata una contestazione di irregolarità». Ora gli ex residenti potranno tornare ad essere residenti effettivi del camping. L’area ospitava diverse situazioni. Da chi utilizzava quella casetta per le vacanze, a chi, magari in pensione vi si era trasferito stabilmente investendovi i propri risparmi.