è sempre stato così. Ogni volta ha affiancato alle sue grandi vittorie un gesto semplice, umano, vero e normale: quasi fosse un modo per ricordare agli altri e a se stesso che non bisogna mai staccare i piedi da terra. Il 16 luglio 2004 centrò la sua prima vera impresa, precedendo sul traguardo pirenaico di La Mongie: il suo pensiero e la sua gioia andarono subito a sua mamma , perché il giorno prima un medico gli aveva detto che era malata di un male brutto e aveva sei mesi di vita.
Il 27 maggio 2006, mentre attraversava il traguardo dell’Aprica sigillando la sua maglia rosa, decise di festeggiare il suo trionfo mostrando al mondo la foto del suo : che era nato solo da due giorni e che lui ancora non aveva potuto vedere. Il 30 maggio 2010, entrando da eroe nell’Arena di Verona, volle abbracciare subito i suoi due bambini ottenendo un meraviglioso strappo alla regola e al cerimoniale. E un attimo dopo con tutti i microfoni a disposizione e una folla adorante che era già saltata sul carro del vincitore, invece di levarsi qualche sacrosanto sassolino dalla scarpa volle annunciare a tutti la gravidanza della sua , in attesa del terzo figlio.
E veniamo a ieri: il giorno di quella che secondo noi è . Il giorno dell’abbraccio con la sua bicicletta, il giorno in cui le cose sono tornate a posto, la chiusura di un cerchio che si era aperto in quella mattina maledetta quando sul telefono di chi scrive arrivò un messaggio che diceva “Caio, ho un tumore”. Ieri Ivan ha deciso di affiancare la sua vittoria con uno dei suoi gesti, decidendo di dividere i riflettori del mondo con il suo Santiago. Esatto, lui: i tifosi del ciclismo l’avevano lasciato che era una fotografia stropicciata sotto il traguardo dell’Aprica, ma Santiago . Gioca a calcio, ma gli piace pure pedalare di fianco al suo papà: ed eccolo lì. Maglia Tinkoff-Saxo, caschetto d’ordinanza, felice come sa essere soltanto un bambino che sta facendo la cosa più bella del mondo insieme al suo eroe personale. Vederli insieme ci ha un po’ commosso e un po’ divertito, e allo stesso tempo ci ha fatto capire la voglia matta che ha Ivan di : di prendersi quello che anni a correre in giro per il mondo gli hanno negato. Noi non lo sappiamo quel che succederà (ci siamo fatti la nostra idea, ovviamente, ma ce la teniamo per noi): non sappiamo se tra qualche mese Ivan si attaccherà un numero sulla schiena e tornerà in gruppo o se invece salirà su un’ammiraglia, non sappiamo se salirà in bici per allenarsi e correre o semplicemente per divertirsi e per piacere. , se dobbiamo dirla tutta. Qualunque cosa accada, abbiamo una certezza. La carriera di Ivan Basso è completa: si contano sulle dita di una mano i ciclisti che hanno vinto, emozionato e dominato come lui. La vita di Ivan Basso, invece, ancora non lo è: c’è ancora tanto da fare e da dire, ci sono delle risate da recuperare, sveglie all’alba per andare a vedere una partita di pallone, lacrime adolescenti da consolare. Noi non lo sappiamo cosa succederà, ma sappiamo che il giorno del suo addio alle corse è per forza di cose vicino. Quando arriverà, a noi resteranno momenti e immagini. L’ultima, quella di ieri: di Ivan che pedala via, di schiena, seguito da Santiago. Forse la più bella di tutte.