Il colore dei gatti e i volti dell’Islam

L’editoriale di Carlo Passera

Al buio tutti i gatti sono bigi. E dato che siamo precipitati nelle tenebre, due soli atteggiamenti sono decenti: citare con sensibile pudore Karl Kraus, come fece Tiziano Terzani in un suo ormai famoso articolo contro le teorie di Oriana Fallaci (“«Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia», scrisse, disperato dal fatto che, dinanzi all’indicibile orrore della Prima Guerra Mondiale, alla gente non si fosse paralizzata la lingua. Al contrario, gli si era sciolta, creando tutto attorno un assurdo e confondente chiacchierio. Tacere per Kraus significava riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi”).

Oppure si può parlare pacatamente provando a farsi un poco illuminare dalla luce della ragione, ossia dal tratto storico-culturale che impernia la nostra civiltà post-illuministica. E’ quella la nostra bandiera, sono la libertà e la tolleranza: libertà di parola, pensiero, espressione. Libertà di divertirsi la sera, di andare allo stadio, al ristorante, di vivere la propria vita senza costrizioni, in armonia con quella degli altri, senza imporre a nessuno dogmi pseudoreligiosi. L’attacco all’Occidente è in odio ai nostri valori liberali.

Ecco, dobbiamo distinguere prima di tutto il vero colore dei gatti. Individuare, tra quelli, il mostro. In Italia i musulmani sono oltre 1,5 milioni, 20 volte Varese; più o meno 120mila i cittadini italiani convertiti all’Islam. Quasi 5 milioni sono i fedeli di Allah in Francia, 4 milioni in Germania, 3 milioni nel Regno Unito. In tutto il mondo i musulmani sono circa 1,6 miliardi e 1 miliardo vive in Asia, 240 milioni nell’Africa sub-sahariana e “solo” 320 milioni in Medio Oriente. In Europa sono circa 44 milioni. Sono loro i nemici? Dobbiamo senza dubbio sforzarci a pensare che non sia così. Altrimenti saremmo già persi.

Le principali vittime del fondamentalismo islamico sono musulmane, spiega il Global Terrorism Index, pubblicazione annuale dell’Institute for Economics & Peace. Nel 2013 ci sono stati circa 10mila attentati con 18mila vittime, il 61% di più del 2012. Di tutte, la gran maggioranza (almeno 15mila) è perita in Iraq, Siria, Nigeria, Afghanistan e Pakistan. Paesi a stragrande maggioranza musulmana, con eccezione della Nigeria: islamico è l’82% circa di chi muore per mano di terroristi islamici. Se davvero fosse guerra di civiltà, sarebbe perlomeno interreligiosa.

Gli attentatori uccidono in nome di una religione, e uccidono (anche, anzi perlopiù) loro correligionari. I brigatisti rossi e neri, in Italia e non solo, uccidevano in nome de un’ideologia, e uccidevano loro, nostri connazionali. Siamo in Paese delle Br, dell’Italicus, di piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna…

Se dunque vogliamo imparare qualcosa dal passato, dobbiamo dire un’altra cosa. “Bisogna distinguere”, abbiamo scritto: ma subito dopo occorre isolare. Non ha senso pensare che tutti i gatti siano neri, tra le tenebre del terrorismo. Ma, una volta individuatane la stragrande maggioranza pacifica, dobbiamo ricercare, richiedere, favorire, stimolare, anzi pretendere che siano i primi a espellere la violenza estremista dai loro gangli. I fondamentalisti non sono marziani: tanti, certo, sbarcano da aree che ci sembrano lontane, molti altri però sono figli di chi abita da noi da anni, oppure persino rampolli riconvertiti dell’Occidente. E’ (abbastanza) facile bloccare un mujaeddin armato alla frontiera; meno agevole individuare il terrorista che potenzialmente abita alla porta accanto, immigrato o italiano che sia.

Le Brigate Rosse sono state sconfitte anche grazie agli sforzi investigativi e alla repressione. Ma a ucciderle è stato soprattutto l’isolamento. Godevano all’inizio del sostegno o del tacito consenso di una certa fetta dei milioni d’italiani che votavano a sinistra, in quegli anni; persino molti salotti bene simpatizzavano per la rivoluzione armata. Tutt’al più erano “compagni che sbagliano”. Venuta meno questa rete di acquiescenza che si spingeva a volte fino al favoreggiamento, ecco, a quel punto è davvero scoccata l’ora delle Br.

Se vogliono aiutarci a evitare che l’oscurità confonda tutto, gli islamici italiani devono accendere la luce, allontanare i brigatisti 2.0 e i loro complici. Stroncare ogni possibile connivenza.

A nessun fanatico deve poter essere consentito di fare adepti, all’interno della loro comunità. In passato, purtroppo, questa auspicabile intransigenza è stata merce rara. Adesso devono farci capire che hanno compreso: l’estremismo islamico ci odia, ma prima di tutto è nemico del loro futuro.