La guerra non deve essere fatta alle persone che hanno più bisogno di essere sostenute».
Con queste parole il presidente della Camera Laura Boldrini si è rivolta a una delegazione di operatori e familiari di disabili che protestava per i continui tagli al welfare e, in particolare, alle prestazioni per chi ha maggiori difficoltà a causa della propria salute.
Mai come oggi queste sono parole pesanti.
Ma non solo per il loro valore intrinseco, bensì perché di fronte a questo appello si staglia una realtà evidenziata una volta di più dall’operazione della Finanza dell’altro giorno nell’Erbese e che ha portato alla denuncia di due presunti falsi ciechi. Se le indagini successive e i giudici lo stabiliranno con certezza, le due persone accusate percepivano una pensione – oltre il doppio della sociale o della minima tra l’altro – in quanto riconosciuti come non vedenti. Secondo la Finanza se questo stato era stato accertato anni fa, almeno dal 2007 gli interessati sarebbero migliorati in maniera sensibile. Tanto che, lo provano foto e filmati, questi camminavano senza problemi tra il traffico, facevano la spesa e perfino leggevano il giornale.
Lasciando da parte il reato, il ripetersi di episodi simili cozza e stride con le parole di Laura Boldrini. Sì perchè a fronte di una schiera di “furbetti”, c’è ed è ben presente un vero esercito di persone che hanno veramente bisogno di assistenza.
In tempi di crisi oggi va di moda usare le forbici su cultura e, appunto, su welfare. In maniera indiscriminata, però. Ecco perché il danno dei “furbetti”-truffatori è ancora maggiore di quello erariale e legale: costoro infatti finiscono per sottrarre le risorse, e tanto di più ora che sono minori, a chi invece la disabilità ce l’ha ed è permanente. E in qualche modo finiscono per dare una giustificazione a chi taglia sulla base del presupposto che vi è un’ampia area di imbroglio
Ma un severo esame di coscienza, in attesa di maggiori controlli, lo devono fare anche i professionisti che consentono ai truffatori di crescere e proliferare e chi favorisce questi comportamenti. Anche perché se l’Italia è prima in Europa per numero di non autosufficienti (il dato però comprende anche gli anziani) con 2 milioni e 165 mila persone contro i circa due milioni di tedeschi e il solo milione e 200 mila francesi, è altresì vero che nelle risorse pro capite messe a disposizione il nostro Paese è ultimo con 558 euro a ciascuno contro i 912 euro tedeschi e gli 841 francesi. Seppure all’estero si preferisca, anche per evitare sprechi e raggiri, puntare più sui servizi reali dati ai non autosufficienti che non sulle semplici elargizioni monetarie riservate invece ai casi più gravi.
Nel raffronto fra le due categorie di spese, in questa discrepanza, si cela il male neppure troppo oscuro del welfare italiano, quello di chi approfitta, falsa carte e comportamenti, è complice di ruberie e imbrogli di ogni tipo, di comportamenti scorretti e poco professionali, il tutto con un unico scopo: attingere a piene mani al paniere pubblico, sottrarre impunemente soldi a uno Stato che non è capace di difenderli.
E così, in questa parabola della crisi in salsa tutta italiana, laddove in questo caso banche e finanzieri non c’entrano, sta l’immoralità di chi non si rende conto che magari enfatizzando un proprio problema che non richiede aiuti, priva il vero disabile di un’esistenza degna di questo nome. Un delitto che, crisi o non crisi, non può più essere tollerato. Dalla società civile ancora prima dei giudici.
Umberto Montin
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