Il giallo della Gioconda “Quella vera è a Varese”

VARESE La vera Gioconda non sarebbe quella esposta al Louvre di Parigi ma si troverebbe ancora in Val Veddasca, nella nostra provincia, in questa terra di misteri che, al confine tra Italia e Svizzera, è stata al centro del più grande giallo del secolo scorso.
Ma procediamo con ordine. L’anno prossimo ricorrerà il centenario del furto del dipinto più celebre di tutta la storia dell’arte, la Monnalisa dipinta da Leonardo Da Vinci. La sottrazione del dipinto fu scoperta il 22 agosto 1911.

La storia «ufficiale» incolpa l’imbianchino Vincenzo Peruggia, il quale del resto ha costruito su quel fatto la sua fama di patriota che ingenuamente avrebbe sottratto la Gioconda perché la riteneva italiana. Ma c’è chi ha dedicato una vita a risolvere quello che ha sempre considerato un mistero in realtà mai risolto e oggi, a un anno dal centenario, sta per svelarlo. È Graziano Ballinari, cultore di storia e gestore dell’osteria «Cose di altri tempi». Dove il 22 agosto, con un anno di anticipo, organizzerà un doppio evento legato alla storia della Monnalisa: l’esposizione delle Giocondissime, una mostra che riunirà tutte le più buffe caricature della Gioconda realizzate nel corso dei decenni, e il Gioconda party.
«Ho passato una vita a raccogliere le prove che il dipinto esposto al Louvre è un falso – dice Ballinari – e che il vero autore del furto non fu Peruggia. La storia della Gioconda è più complessa e l’unico dato certo è che tutto si svolse tra Parigi e la Val Veddasca».
La valle tra il Varesotto e il Canton Ticino avrebbe, dunque, nascosto un segreto. «E lo nasconde ancora – assicura Ballinari – perché il dipinto originale, che non è mai tornato al Louvre, si trova ancora lì, nascosto per un secolo dalla gente del paese».
Peruggia sarebbe solo un prestanome. «Il vero autore del furto fu Vincenzo Lancellotti, decoratore assunto al museo, con la complicità di suo fratello Michele. Originari di Cadero Val Veddasca, erano emigrati a Parigi. Il loro scopo era vendere il dipinto a un antiquario londinese, ma non ci riuscirono e lo portarono in Val Veddasca per nasconderlo». Ma la storia è più intricata e vede tra i protagonisti un nobile argentino, che ha commissionato il furto ai due fratelli. «Il giornalista americano Karl Decker, raccontò che il suo amico argentino Edoardo Valfierno nel 1911 avrebbe incontrato i fratelli Lancellotti per commissionare loro il furto della Gioconda per un compenso di 100 mila franchi francesi. Valfierno viveva in Francia e si arricchiva vendendo quadri antichi ma anche falsi. Secondo Decker quando Valfierno ingaggiò i Lancellotti, in realtà aveva già pronte sei copie false, in procinto di partire per l’America, dirette ad altrettanti collezionisti d’oltreoceano».
Insomma, il furto sarebbe servito per vendere a più acquirenti diversi falsi. L’opera originale invece non sarebbe mai tornata a Parigi, ma sarebbe stata nascosta nel paese dei Lancellotti, incastonata in un tavolo della Locanda Garibaldi, di proprietà dei Lancellotti. Lì il segreto venne custodito da tutti i paesani. Almeno fino a quando il padre dei Lancellotti, un maresciallo della Guardia di Finanza, preoccupato dal fatto che il furto potesse macchiare il suo buon nome, costrinse i figli a trovare un capro espiatorio. E quindi i fratelli offrirono 10 mila franchi a Peruggia, per recarsi a Firenze con un falso. Peruggia era l’uomo ideale, perché aveva vissuto negli stessi anni a Parigi ed era anche lui impiegato al Louvre. Ma il quadro che portò a Firenze, e tornò a Parigi, era un falso e le autorità francesi fecero finta di niente per non rimediare l’ennesima figuraccia. Le tracce per risalire alla vera Gioconda le ha in mano Ballinari, il cui padre Marino era amico di famiglia dei Lancellotti.
Buona parte della verità venne svelata al Ballinari da Maria Monaco, moglie di Michele Lancellotti. La quale assicurò che il quadro originale, che non è su tela ma su una tavola di quercia e quindi non è mai stato arrotolato, come invece ha raccontato il Peruggia, si trova ancora in una intercapedine di una casa di quel paese. Ma il luogo sta per essere svelato.
Marco Tavazzi

e.marletta

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