Il giallo dell’imprenditore sparito La sorella: “Non è un incidente”

VEDDASCA «Se qualcuno ha visto qualcosa, anche solo un piccolo particolare che potrebbe aver giudicato insignificante, ce lo faccia sapere. Lo comunichi alle forze dell’ordine». Viene dal cuore l’appello lanciato da Caterina Giorgini, sorella di Aurelio, l’imprenditore di 62 anni misteriosamente scomparso lo scorso 24 marzo a Graglio in Val Veddasca. Da allora di lui, con passato di spicco nel campo dell’imprenditoria tessile e della moda, per marchi del livello di Cerruti e Jil Sander, e un presente legato al settore telematico e sanitario,

non c’è più alcuna traccia. Non una segnalazione, non un indizio che possa diradare il mistero.
Nemmeno le indagini affidate gli investigatori della squadra mobile hanno portato da qualche parte. Si sono battute tutte le piste, quando il fascicolo aperto dopo la denuncia dei familiari portava ancora scritta l’ipotesi di un sequestro di persona. Poi, però, la vicenda è stata derubricata dal pubblico ministero Angelo Renna a semplice sparizione. Ma il risultato non è cambiato. Giorgini, friulano d’origine, domicilio a San Donato nel Milanese, residenza a Piazzogna in Canton Ticino e casa di vacanza a Graglio in Val Veddasca, sembra sparito nel nulla. In silenzio. Un silenzio che giorno dopo giorno continua a logorare la sua famiglia. «Siamo disperati. Aiutateci a ritrovare Aurelio. Chiunque abbia sue notizie lo segnali alle autorità». Queste le parole che Caterina, come nei giorni successivi alla scomparsa ce le ha ripetute ieri dalla sua casa di Artegna,  in provincia di Udine. «Con la speranza – ribadisce – che le ricerche riprendano e che le indagini non si arrestino. Non voglio aspettare dieci anni prima di riportarlo a casa».
Da Varese, segue la vicenda anche Giovanni Giorgini, lontano cugino dello scomparso. È stato in Val Veddasca. Ha parlato con i vicini, ha battuto la zona. Si è informato. E insieme agli altri familiari, su tutti Valeria, la moglie di Aurelio, e Alessia, la figlia, non si vuole arrendere. «Sono passati cinque mesi dalla sparizione – evidenzia Giovanni – e noi abbiamo pensato a tutto. Ma la pista dell’incidente non ci convince. Sarebbe decisamente anomalo che l’auto, una Smart, per quanto piccola fosse sparita da qualche parte o finita nel lago Maggiore, altra ipotesi investigativa, senza lasciare traccia». Per loro, infatti, la verità potrebbe essere un’altra. «Mio fratello – sottolinea Caterina – non sarebbe mai sparito volontariamente. C’era il primo compleanno del nipotino da festeggiare. Ed eravamo già d’accordo che sarebbe passato a trovarci entro la fine del mese, qui in Friuli». Invece le sue stracce si sono perse tra la Val Veddasca e la Svizzera. «Sarebbe fuggito – ipotizza la sorella – solo se questa fosse stata l’unica strada per salvare la famiglia. Per evitare loro conseguenze. Vendette. Magari legate alle sue attività. Magari all’usura. Non lo possiamo escludere e sicuramente dopo le disavventure imprenditoriali in Sicilia non era stato facile ricominciare. Potrebbe essere sparito solo per questo». O qualcuno, sempre per questi moventi, avrebbe deciso di toglierlo di mezzo. Strada in parte battuta dagli inquirenti ma senza alcuna conferma. «Qualcosa – concludono Caterina e Giovanni – deve comunque essere successo. E noi vogliamo solo capire e trovare la soluzione di questo mistero».

b.melazzini

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