11 Mag 2014
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Oggi più di 1.200 alpini della nostra provincia parteciperanno all’annuale raduno a Pordenone con le loro fanfare e i loro cori.
Ci saranno esponenti di tutti i 77 gruppi della sezione di Varese, più la sezione di Luino. Per vederli sfilare è possibile collegarsi al sito www.ana.it alle 15 circa.
Tra di loro ci sarà anche il capitano degli alpini Giuliano Pozzo che è dal 1966 che non si perde una adunata, evento che ripercorre la prima, spontanea, che 95 anni fa seppe riunire sull’Ortigara i reduci della Grande Guerra gettando le basi per la costituenda associazione.
L’adunata è una grande festa popolare, in cui si sente forte il senso di fratellanza.
«Per noi alpini è importante esserci, perché significa riconoscerci nel gruppo e offrire testimonianza – dice Pozzo, che fa parte del gruppo di Capolago – All’adunata si incontrano i vecchi commilitoni e si sta insieme, tra la nostalgia e la voglia di guardare al futuro».
Per ogni alpino essere all’adunata significa ripercorrere le esperienze passate. Ed è per quello che, per esserci, gli alpini affrontano tanti chilometri di strada. In moto, come Antonio Verdelli e alcuni amici alpini. Oppure in pullman cantando i tipici cori, come “La Penna dell’Alpino”, “Lassù”, “Le Dolomiti”, “Quel Mazzolin Di Fiori”, etc. Cosa vuole dire essere un alpino lo si capisce dalle testimonianze di chi ha portato, e ancora porta, il cappello con la penna nera.
«Sono stato per lungo tempo in Alto Adige. Poi ho dovuto cambiare compagnia per andare a Tarvisio – ricostruisce Pozzo – Per lasciarmi un segno di affetto, alcuni alpini hanno fatto non so quanti chilometri dalla montagna al paese per cercare qualcosa da regalarmi. Sono tornati con un’aquila in legno che conservo ancora come un tesoro».
Pozzo non ha mai più incontrato quegli alpini e ogni anno, all’adunata, spera di rivederli: «Se non sarà quest’anno, spero per il prossimo a L’Aquila, dal momento che erano abruzzesi» continua Pozzo.
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