L’affitto delle sale del museo Maga è troppo caro, Yamamay trasferisce il suo meeting aziendale alla Triennale di Milano. Il rammarico dell’ad : «Abbiamo sempre sostenuto il Maga». Ma il presidente del Maga o replica: «Nessuna proposta ultimativa, c’è la nostra disponibilità a discutere».
Il caso rischia di dividere il museo d’arte contemporanea da un suo storico partner e sponsor, il brand Yamamay, che a Gallarate ha la sua casa e che in passato ha legato il suo marchio proprio al museo, facendone una seconda casa.
Tutto nasce dalla richiesta, da parte di Yamamay, di affittare gli spazi del museo per una giornata di meeting aziendale interno, che avrebbe portato a Gallarate circa 200 persone provenienti da tutta Italia e anche dall’estero. L’ad di Yamamay, , pensa subito al museo Maga come location ideale, in linea con un marchio che ha sempre fatto dello charme ma anche del legame con il territorio le proprie caratteristiche distintive. Del resto, oltre al maxi-cartellone pubblicitario che campeggia all’esterno del museo,
al Maga già in passato erano state presentate alcune delle campagne più prestigiose del brand dell’intimo, come l’accordo di collaborazione con il sociologo . Il problema è che per una giornata di affitto di due sale, escluse le spese di catering e altri servizi, dal Maga è stata “sparata” la cifra di 12mila euro. «Una proposta irricevibile» per Cimmino, sorpreso ma soprattutto dispiaciuto, per il fatto che questo “incidente” rischia di compromettere il rapporto tra l’azienda e l’istituzione culturale. «Eppure siamo sempre stati vicini al Maga».
Così il meeting, con tutto l’indotto di persone in arrivo, si sposterà a Milano, alla Triennale, dove evidentemente l’azienda gallaratese è riuscita a spuntare migliori condizioni.
Il presidente del Maga, il professor Giacomo Buonanno, è stupito soprattutto dal fatto che il caso possa sembrare già chiuso, cosa che a lui non risultava affatto. «C’erano dei contatti in corso e io avevo offerto all’azienda la mia disponibilità a discutere – spiega Buonanno – le trattative non le seguivo io, ma direttamente la struttura, con cui so che ci sono stati dei contatti. Ma quel che posso dire è che per rapporti di questo tipo, che vanno al di là del singolo evento, non c’è un tariffario prestabilito, ma avremmo voluto discutere in modo complessivo». Buonanno ribadisce di essere «rimasto alla disponibilità a discutere», lasciando intendere che la trattativa non si era conclusa, perlomeno dalla parte del museo, ma che avrebbe dovuto allargarsi agli accordi di sponsorizzazione, attualmente in sospeso. «Anche se Yamamay ha ancora il suo logo sulla parete del museo».
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