La storia di un libro inizia talvolta con la storia di una casa editrice che, nel caso di , si chiamava “Magenta”, una cartolibreria, in via Magenta appunto, nel cuore di Varese. Bruno Conti poeta, intellettuale ed editore nacque a Milano, il 22 giugno 1921. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si trasferì, come tanti, nella Città Giardino dove, dal 1946, si dedicò all’insegnamento delle lettere e, insieme alla sorella, divenne titolare della cartolibreria che portava avanti l’attività di tipografia di semplici dispense universitarie e che si trasformò, dal 1950 in poi, in una vera casa editrice, prima con il nome di Libreria Magenta Editrice, poi Editrice Magenta.
Il passaggio a casa editrice prestigiosa fu dovuto alla frequentazione di intellettuali di rilievo e alla pubblicazione delle antologie poetiche “Linea Lombarda”, nel ’52 e “Quarta generazione”, nel ’54. Come rivela la studiosa Serena Contini «il vivace contesto culturale varesino postbellico e il fortunato sodalizio tra uomini di cultura quali , , e fecero sì che la cartolibreria potesse inserirsi da protagonista nell’acceso dibattito sulle istanze della poesia contemporanea proponendo titoli e autori innovativi». “Non ci sono ancore”, il primo volume di liriche di Bruno Conti, fu quindi il primo libro da lui pubblicato, nel 1950: esso progettava un concorso di poesie destinato ai giovani italiani, che però non vide mai la luce. Giovani e promettenti poeti furono, invece, ospitati nell’antologia “Linea Lombarda” e in “Quarta generazione”, all’interno della collana “Oggetto e Simbolo”, diretta da .
Per parlare della vecchia casa editrice fondata da Conti abbiamo domandato lumi a , medico, scrittore e, come Bruno Conti, poeta ed editore. Azzalin ha rifondato la NEM, Nuova Editrice Magenta, dalla vecchia casa editrice, custodendone il prestigioso nome. «Ho conosciuto Bruno Conti leggendo “Quarta Generazione”, che testimoniava il valore poetico di un’antologia, di quella “giovane poesia 1945-1954” (questo il sottotitolo dell’opera) con riferimento a un decennio particolarmente delicato, per la Guerra che aveva sconvolto l’Europa.
Due anni prima era stata stampata la prima delle antologie, Linea Lombarda, che includeva il grande poeta e che aveva lanciato la Editrice Magenta, di Bruno Conti, nell’“Olimpo” delle pubblicazioni nazionali e, in alcuni casi, anche internazionali. Conti, infatti, nella veste di editore, aveva avuto un intuito geniale pubblicando nomi che avrebbero fatto la storia della poesia italiana del secondo Novecento. Scelti da Piero Chiara e Luciano Erba che ne avrebbero firmato anche la prefazione, tra i 33 poeti antologizzati figuravano inediti di Pasolini, Zanzotto, Orelli, Merini, Spaziani, Scotellaro, Risi, Turoldo, lo stesso Erba, Accrocca, Volponi, Guidacci, Bellintani, più un elenco di altri meno fortunati ma comunque interessanti, tra i quali anche tre varesini come Giacomo Campiotti, lo stesso Conti e Luciana Guatelli».
Libri e autori che si rivelarono presenze autorevoli nel panorama letterario novecentesco: «Con fatica riuscii ad avere dall’Editore di via Magenta una copia dell’antologia e i volumi “La sorte ambigua” (1971) e “Il Brivido” del merlo (1977), che recavano la firma di ». Poi un giorno il destino bussa alla porta della vecchia cartolibreria e la casa editrice rinasce dalle sue ceneri, come racconta Azzalin: «Agli inizi degli anni 90 mi fermai davanti alla Cartolibreria e vidi che era cambiata la gestione. Entrai e chiesi notizie. Il signore che l’aveva rilevata era ignaro della Casa Editrice. Chiesi se potevo vedere i libri e mi resi conto del “tesoro” che si nascondeva nel seminterrato, insieme ai famosi pennini, alle gomme, alle squadre e ai metri di legno. Disse che non sapeva dove mettere tutta quella “roba”. Allora risposi: “la prendo io”. Ci accordammo sul prezzo e il giorno dopo, con un camioncino, portai via tutto. Vi trovai autentici tesori letterari».