PORTO CERESIO Il recupero del “Paradiso” ha rischiato di trasformarsi in un inferno. Quella di stamattina doveva essere la giornata conclusiva dell’operazione, (scattata lo scorso 21 settembre) per riportare a riva i relitti dei due battelli affondati oltre trent’anni orsono nel tratto di lago Ceresio in località Cantine. Invece si è trasformata in una vera e propria odissea.
Il picco di tensione è arrivato improvviso alle 11.30. Quando, cioé, la “Paradiso”, la motonave da recuperare insieme alla gemella “Morcote”,
era ormai verticale con solo la poppa a mollo. L’ossatura del natante ha ceduto di schianto. Pezzi della carena sfasciata sono volati per alcuni metri, mentre i cavi della potente autogrù pesante 500 tonnellate sono schizzati in ogni direzione mettendo in fuga gli specialisti delle società di recupero: la “Pontili San Giorgio” di Gallarate, che si avvale dell’aiuto di sommozzatori di Genova.
La carcassa del battello è piombata violentemente in acqua, innalzando una nuvola di schizzi che l’ha nascosta per alcuni secondi. L’incidente ha decretato, almeno per il momento, il fallimento dell’atto finale del recupero.
Il tentativo era iniziato alle 7.30 di mattina tra mille difficoltà. Perché fin dall’inizio si era capito che persino la potentissima autogrù, fatta arrivare appositamente da Genova, avrebbe incontrato più una difficoltà nel sollevare i due relitti. Dopo essere stati trasferiti, grazie all’ausilio di un altro mezzo meccanico, fino all’imbarcadero del lido di Porto Ceresio, i battelli aspettavano solo di essere ripescati. Nemmeno la super autogrù, capace di sollevare oltre 50 tonnellate, è però riuscita a far affiorare completamente dal lago lo scheletro del primo battello.
e.romano
© riproduzione riservata