«Anche Marine Le Pen ha capito che per vincere non basta il populismo, ma ci vogliono i voti popolari. Spero che lo capisca qualcuno anche in Italia».
Di ritorno da una “missione” negli Stati Uniti di Trump e all’indomani della vittoria di Macron in Francia, la lettura della situazione politica tra Europa e Italia della nostra eurodeputata Lara Comi, vicepresidente del gruppo Ppe al Parlamento europeo e coordinatore provinciale di Forza Italia di Varese.
«Alle politiche? Con candidati radicati sul territorio e che corrono, Forza Italia può tornare sopra il 20%».
Ho un nuovo ruolo come vicepresidente del gruppo Ppe, mi occupo della gestione dei rapporti con gli Stati Uniti, il Centro e Sud America e la Cina. Sono stata a Miami, a Washington e a New York.
Una realtà in grande sviluppo, dove ci sono grandi opportunità economiche e commerciali per le nostre imprese. A Miami, incontrando la comunità italiana, ho scoperto che si sta creando un vero e proprio design district in cui il Made in Italy è l’elemento chiave. Ecco perché stiamo lavorando con la Ue per incrementare gli scambi di studenti e lavoratori con il distretto di Miami per lo sviluppo delle infrastrutture, in particolare in ambito ferroviario.
Sono stata alle Nazioni Uniti e alla Banca Mondiale, per sviluppare progetti sul tema delle donne, dall’equità salariale alla violenza e al femminicidio, e su startup e giovani, dove si potranno combinare finanziamenti Ue e World Bank. A Washington ho incontrato sia esponenti dei Democratici che dei Repubblicani, al Senato e al Congresso. Tra venti protezionistici e accantonamento del Ttip, le nostre imprese sono preoccupate, ma posso rassicurarle.
I dazi e il protezionismo di Trump non passeranno, mentre invece si aprono spazi per sinergie importanti nell’ambito dei piani di sviluppo infrastrutturale che sono in fase di avvio.
Parlando con gli stessi Dem, ho capito che Hillary non era la scelta giusta, ma lo stesso Trump non è così amato nel partito Repubblicano. Però, al netto di una certa confusione sulle prospettive future, visto che la nuova amministrazione è ancora in fase di rodaggio, sia a Bruxelles che a Roma che al G7 bisogna iniziare ad instaurare un rapporto con Trump: una volta che il popolo democraticamente sceglie, bisogna rispettare la decisione e, piaccia o no, collaborare con chi è stato eletto presidente.
Premetto che sarei stata più contenta se avesse vinto Fillon: Macron ha fatto una campagna elettorale nuova e controcorrente, a partire dalla scelta dell’inno europeo prima di quello francese. È europeista, sì, ma non ha mai detto che l’Europa così com’è va bene, ha detto che dobbiamo rimanere per costruire un’Europa diversa. È la linea che ha sempre portato avanti Forza Italia. Ora il vero timore è un nuovo asse franco-tedesco che escluda l’Italia.
Al di là del fatto che non ho ancora capito se è di sinistra o di centro, a me è piaciuta molto la piazza del Louvre, che è la rappresentazione migliore di come la Francia ha reagito agli attacchi terroristici. Anche in Italia mi piacerebbe vedere una scena analoga: accantonare il populismo per riscoprire il popolarismo.
Macron dimostra che il nuovo funziona. Ma non si è nascosto dietro agli slogan: se, come ha fatto la Le Pen nel faccia a faccia, poni solo problemi ma non dai soluzioni, al cittadino non basta. Anche la virata della Le Pen verso il centrodestra è importante: ha capito anche lei la lezione e si sta spostando al centro, per creare una sorta di Pdl francese. Ha capito la sconfitta, che è stata notevole, e vuole ripartire con un progetto più moderato
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Me lo auguro, perché il messaggio è stato molto chiaro. Le Pen punta al voto dei popolari perché ha capito chiaramente che senza i popolari non vince. E in Italia il popolarismo europeo è rappresentato ormai solo da Forza Italia, perché se Alfano si alleerà con la sinistra sarà difficile che possa rimanere nel Ppe. E a guidare questo schieramento non può che essere Berlusconi.
Se si potrà candidare…Io sono per le primarie stabilite per legge, altrimenti meglio un sistema proporzionale con premio di coalizione in cui chi prende più voti diventa leader della coalizione.
No, anzi, crea maggior competitività positiva. Anche Renzi e Grillo, o Di Maio, sono leader di partito. Come Berlusconi, Salvini e Meloni. Con il proporzionale non ha senso avere un leader di coalizione. Meglio per noi: non perderemmo gli elettori di Forza Italia che non si fidano di Salvini.
Ha due anime, non so quale delle due sia maggioranza. Una per un nuovo Nazareno e una per l’alleanza con la Lega. Ma con il proporzionale si voterà tutti Forza Italia e dopo i risultati elettorali si vedrà. Non mi preoccupo ora, la preoccupazione è che Forza Italia superi il 20%.
Ma è un obiettivo fattibilissimo se si fanno liste competitive, con persone radicate sul territorio, come è successo a Milano. Se si vuole tornare al 20%, servono liste competitive, con candidati che corrono pesantemente e che esprimono consenso.
Lo sceglierà il partito. Io sono a disposizione del partito, come sempre.