«Greta? Impegnata, sensibile, intelligente. Sincera». Parla , preside del Rosetum di Besozzo dove Greta Ramelli, 21 anni di Gavirate, si è diplomata nel 2012.
E racconta quella sua studentessa «solare. Motivata ad essere presente. Anche nelle situazioni più estreme. Greta deve vedere da vicino le situazioni, capirle. Capire cosa serve con esattezza per intervenire in modo preciso».
Greta, con Vanessa Marzullo, 21 anni di Brembate, era arrivata in Siria il 28 luglio per portare sul campo il progetto di assistenza medica Horryaty. Le due ragazze non danno più notizie da sei giorni.
Ferri spiega: «Greta ha sempre avuto coscienza delle differenze: di diversità di condizioni di vita ingiuste. In un certo senso – aggiunge il preside – ha sempre avuto un senso di colpa per aver potuto sempre vivere nell’agio e nel benessere mentre altrove si moriva per mancanza di cibo e di assistenza medica, schiacciati dalla povertà». La Greta di Ferri non un’idealista sprovveduta: «È una giovane che aveva deciso di agire – spiega il preside – già nell’estate tra il quarto e il quinto anno trascorse quasi quattro mesi in Africa, per portare assistenza, come volontaria. La ispira madre Teresa nel suo interagire con queste realtà. Ne tornò ancora più matura, ancora più motivata».
Il lavoro di questa studentessa non era soltanto sul campo: «A scuola ha presentato i suoi progetti raccogliendo fondi e medicinali – spiega Ferri – l’abbiamo vista a giugno, in occasione della festa di fine anno. Ma al di là di questo lei tornava a scuola, e nell’ultima occasione c’era anche Vanessa, per incontrare ai ragazzi. Per informare i più giovani su queste realtà e di come si poteva lavorare insieme per fare la differenza. Per questo dico che Greta è una ragazza che crede fortemente in ciò che fa».
Ferri pensa ai genitori: «Non oso immaginare cosa stiano vivendo – racconta il preside – A loro va tutta la nostra vicinanza. Mi rendo conto del coraggio che hanno sempre dimostrato nel sostenere il lavoro instancabile di Greta nell’illustrare a tutti questa guerra infame, quella in Siria, i cui danni lei cercava di alleviare per quanto fosse nelle sue possibilità».
Il preside racconta delle raccomandazioni: «Le dicevamo sempre di stare attenta. Lei rispondeva: sto attenta, ma devo andare. Ci rassicurava tutti si muoveva non certo da imprudente appoggiandosi ad associazioni molto ben strutturate». Ora c’è una speranza: «Che non sia stata rapita – aggiunge Ferri – che si trovi in una zona dove le è impossibile comunicare ma che stia bene». Alla quale si aggiunge una preghiera: «Vederla tornare a casa sana e salva. Soddisfatta di aver portato a termine anche questo progetto. Riabbracciarla presto e magari sentirla parlare della nuova idea che le è venuta per fare la differenza».
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