Il profumo del derby con Antonello Riva «Quando con il Poz salutammo Chicco»

Il grande “Nembo Kid” racconta le sfide indimenticabili giocate contro Varese con la maglia di Cantù. «Il primo momento che ricordo è triste: io e Gianmarco pochi giorni dopo la tragica morte di Ravaglia»

Dodici stagioni con la maglia di Cantù indosso ne hanno fatto una bandiera: Antonello Riva è stato un simbolo, amato e vincente, della grande “nemica” che la Openjobmetis si troverà di fronte lunedì sera al Pianella (ore 20, con diretta su RaiSport1).

Il derby non è e non sarà mai una partita come le altre, per l’attesa che lo precede e per la gioia folle che sa regalare alla squadra che riesce ad aggiudicarselo.
Ma nel cuore di Riva c’è posto innanzitutto per un ricordo inevitabilmente triste, ma tanto sincero e carico di emozioni. «Perché se penso a tutti gli scontri con Varese che ho affrontato nella mia carriera, il primo che mi torna alla mente è

sicuramente quello in cui, insieme a Gianmarco Pozzecco, portammo sul campo, reggendola insieme, la maglia di Chicco Ravaglia».
È l’uomo che risponde, ancora prima del campione. Riva oggi fa base a Roma, ma la testa e il cuore sono rimasti sempre là, e non solo per una questione di origini e amicizie che ancora, ovviamente, persistono.
«E sono certamente dispiaciuto di non poter assistere dal vivo al grande match di lunedì sera».
La magia della sfida la si sente nell’aria e la si ritrova nei numeri, che parlano di una vera e propria caccia al biglietto, com’era stato del resto all’andata, per l’indimenticabile partita d’esordio del Poz sulla panchina biancorossa.

«Che si parli di Varese o di Cantù, il basket è qualcosa di speciale per entrambe le piazze – dice Riva – Lo capisci dall’atmosfera, te lo racconta la gente. Posso invece assicurare, per aver giocato cinque anni con l’Olimpia, che a Milano non è la stessa cosa: non c’è quel coinvolgimento, non c’è quella tensione». Alla faccia della classifica, che quest’anno non sta regalando gioie particolari né alla Openjobmetis né all’Acqua Vitasnella, appaiate a 12 punti e definitivamente escluse dalle Final Eight di Coppa.
«Ma il derby è il derby e tutto il resto non conta» dice bene chi tante volte lo ha vissuto dal campo. Come spiegare però una stagione così altalenante per entrambe le protagoniste del grande match del Pianella? «Con le drastiche riduzioni ai budget, che ogni anno costringono le società a ricostruire le squadre partendo quasi da zero – risponde Antonello Riva – Mantenersi ad alti livelli diventa di stagione in stagione più difficile e devo dire che Cantù e Varese sono state comunque abili a farlo, alla luce del contesto».

In più, Varese quest’anno si è giocata il miglior jolly possibile: il ritorno a Masnago di Gianmarco Pozzecco, da capo allenatore, mossa dai risvolti evidentemente non solo tecnici.
«E se mi fossi trovato al posto di Cecco Vescovi io avrei fatto esattamente la stessa cosa: non ci poteva essere scelta migliore – afferma Riva – È evidente come il Poz non possa ancora avere in panchina l’esperienza dei grandi come Charlie Recalcati, avendo iniziato la sua nuova avventura soltanto da tre anni. Però posso dire che nella scorsa stagione, visto il mio ruolo di general manager a Barcellona Pozzo di Gotto, ho avuto la possibilità di conoscere e affrontare il Pozzecco allenatore, verificandone le capacità: ho riscontrato, da parte sua, mosse tattiche azzeccate e l’impronta precisa che aveva saputo dare alla sua squadra, Capo d’Orlando».

E con Varese il Poz è ora impegnato nella caccia ai playoff (e all’ottavo posto momentaneamente occupato da Avellino, nello specifico) che coinvolge anche Cantù. «Ma io vedo i biancorossi più avanti, favoriti sulla squadra di Sacripanti, per la maggior esperienza posseduta da alcuni elementi, anche se leggo degli infortuni che hanno colpito, per ultimo, Kuba Diawara. Cantù invece è una squadra fatta di tanti esordienti nel nostro campionato».
In attesa delle emozioni, anche vibranti, che il derby sicuramente offrirà, le parole di Jasmin Repesa, pochi giorni fa, hanno riacceso una polemica difficile da sopire, quella sul dominio di Siena, durato un decennio.
«Non me la sento di condividere parole così forti – sottolinea Riva –È forse vero che la forza della Montepaschi andava oltre il campo, ma la squadra possedeva capacità e preparazione tali da farsi trovare sempre pronta, in ogni situazione, altrimenti non avrebbe raggiunto tutti i traguardi che conosciamo».