Il ritorno della naja. Quella bufala che può risvegliare le coscienze

L’editoriale

Gettiamo la maschera: ci siamo cascati in tanti. E gettiamone un’altra: ci abbiamo sperato. Nei giorni scorsi su Facebook è diventata virale una “notizia” che annunciava il ritorno della leva obbligatoria in Italia per i diciottenni a partire dal 2017. Notizia tra virgolette, perché in realtà postata da un sito specializzato in divertenti bufale. Cari virgulti e rispettive madri chiocce, rasserenatevi: niente tute mimetiche, niente fucili, niente “nonni” a farvi le pulci su come avete fatto il “cubo” o a testare le vostre doti canore trasformandovi in juke box umani. Però…

Però non nascondiamoci: la maggior parte di chi ha abboccato, ci ha sinceramente sperato. Perché? Perché nei nostri ragazzi c’è un grande bisogno di presa di coscienza della realtà. Di rispetto delle regole, per esempio, di cui le caserme della naja – piaccia o no – erano un esempio. O ancora perché in quei cameroni l’Italia si riuniva e si imparava giocoforza a convivere, oltre ogni barriera anche culturale.

E se proprio l’idea di figli soldati, anche se con la data di scadenza, non ci piace per niente, proviamo a pensare a quello che veramente dovrebbe (e potrebbe) essere il servizio di leva: dodici mesi di servizio, appunto, dovuto alla Patria. Ripulendo i monumenti imbrattati dai loro coetanei, per esempio. Aiutando le persone colpite da calamità come i terremotati per rendersi conto di cosa vuole davvero dire non avere niente. Supportando nei servizi di presidio le nostre forze dell’ordine, per toccare con mano l’importanza del loro lavoro ed acquisire così fiducia e rispetto nei confronti degli uomini in divisa. Di certo alleveremmo cittadini migliori. Forse lo diventeremmo anche noi.