Passione e disponibilità: la prima è per l’argomento, la seconda è una qualità umana che si estrinseca sempre. Il sindaco di Varese Attilio Fontana non ti manda a quel paese nemmeno se lo chiami nel bel mezzo di un pomeriggio di lavoro per chiedergli cosa pensa di Attilio Caja, o di una partita giocata il giorno prima. Oggi ne approfittiamo, facendogli qualche domanda in più…
C’è da sempre: ho iniziato a seguire il basket e il calcio fin da ragazzino. Per quanto riguarda la pallacanestro, i miei ricordi prendono il là nella palestra di via XXV aprile, con la Varese che schierava Nino Cescutti in quintetto. Fu proprio lui a farmi diventare tifoso: mia madre faceva la dentista e lui fu suo paziente. Ho sempre avuto una predilezione per la palla a spicchi, ma anche il pallone – e non solo quello della Città Giardino – mi ha costantemente appassionato.
Ecco, il rugby è una disciplina che mi appassiona da meno tempo rispetto a calcio e basket, ma in cui ho sempre ritrovato valori positivi. Sia come sport in quanto tale – e penso alla lealtà dei suoi giocatori, all’amicizia che traspare dal campo, alla capacità di accettare una sconfitta – sia perché le società che lo praticano hanno la capacità di cavarsi d’impiccio. Guardiamo il Varese: si autofinanzia con le sue feste, con la vendita di felpe e magliette. Entrambi gli aspetti sono testimonianza di un modo sano di fare sport, sulla scorta dello spirito che c’era una volta: non c’è nessun professionista viziato che ha bisogno di essere ricoperto d’oro.
Sono d’accordo e non è un caso: il successo deriva dal fatto che da noi ci sono sempre state massima attenzione e rispetto. La mia sincera ammirazione va nei confronti di tutti i ragazzi che si applicano in queste attività e di tutte le belle società che si danno da fare per permetterglielo.
È proprio così. Basta un breve passaggio e si ricomincia a respirare entusiasmo come nel 2008 per i mondiali: la passione riemerge spontanea, senza bisogno di nulla. Varese ama il ciclismo.