Per capire che un uomo, più di altri, ha dentro di sé tutto lo spirito del Varese bastava andare al Franco Ossola ieri mattina e gustarsi l’ultimo allenamento prima della partenza per Livorno dove, alle 20.30 di oggi, i biancorossi affronteranno la squadra dell’ex Carmine Gautieri.
A Masnago squillava la voce di Stefano Bettinelli, pronto a tirar fuori dal suo cuore tutti i grandi valori del Varese e a condividerli con i suoi giocatori. «Non possiamo farci prendere ancora in giro» sbotta ai suoi il tecnico, deciso a suonare la carica: «A due giorni dall’ultima partita e alla vigilia della sfida con il Livorno non potevo pretendere un allenamento all’insegna dell’intensità. Avremmo potuto fare una passeggiata o bere un bicchiere di vino ma parlare è stato il modo migliore per capire che ognuno deve sapersi prendere le proprie responsabilità. Si vince e si perde tutti insieme ed è vietato cercare alibi o nascondersi dietro a un dito».
Chi non è da Varese – o perlomeno non lo ha ancora dimostrato nonostante le ripetute occasioni avute per farlo – può stare fuori. Bettinelli non ha peli sulla lingua e si rivolge così a un attaccante: «Se questi sono i tuoi tiri in porta è meglio che ti metti in panchina. E al tuo posto sai chi chiamo? La nostra lavandaia Rosy che avrà sicuramente più carattere e grinta di te». La frase fa capire quanta adrenalina si sta sprigionando nelle vene di Bettinelli,
che ha tatuato sulla propria pelle i colori biancorossi: «La società mi ha chiesto il secondo miracolo dopo la salvezza del giugno scorso, strappata ai playout contro il Novara. Non mi sono mai tirato indietro, ho accettato la sfida e sono pronto a lottare fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata per mantenere la categoria. Il Varese viene prima di ogni cosa e vale più del denaro, più dell’oro: suderemo senza risparmiarci, daremo tutto fino alla fine e in cuore sento già la certezza che ce la faremo a salvarci».
All’Armando Picchi, Bettinelli non avrà ancora gli esterni Rivas e Zecchin e darà spazio a quattro giovani, subito titolari: il portiere diciottenne La Gorga (la scelta è obbligata per la contemporanea assenza di Bastianoni e del vice Perucchini), il difensore centrale Simic (19 anni), l’ala destra Scapinello (18) e il mediano Capezzi (19): «Ognuno dei nostri ragazzi deve sentirsi parte del progetto: vederli all’opera dall’inizio nelle partite che contano è un bene per tutti».
Se Bettinelli è disposto a cambiare gli interpreti non farà altrettanto per il suo modulo, che considera come un dogma. Il 4-4-2 ha trascinato dalla Seconda divisione alla B il Varese di Beppe Sannino, di cui era vice proprio Bettinelli: con lo stesso sistema di gioco il tecnico ha salvato la squadra nella passata stagione e quest’anno ha già raccolto qualche frutto, come i successi in Coppa Italia e le prove casalinghe di campionato convincenti con Spezia e Lanciano. Perché allora lasciarlo da parte o addirittura abbandonarlo?
C’è chi sostiene che il 4-4-2 del Varese ha stonato sabato contro il 4-3-3 della Pro Vercelli e dunque sarebbe opportuno schierare i biancorossi con il 4-3-3 davanti al Livorno di Gautieri, che presenta proprio il tridente.
Niente di più sbagliato: certo a Vercelli il 4-4-2 è stato applicato male dai giocatori ma chi parla di 4-3-3 ha la memoria corta. L’errore fatale di Gautieri al Varese fu proprio quello di accantonare il 4-4-2 per un modulo che non rappresenta la vera anima dei biancorossi. Come è arrivata la salvezza agli spareggi contro il Novara? Con il 4-4-2 che ha surclassato il 4-3-3 dei piemontesi. L’Entella, che praticava il 4-3-1-2, è stata eliminata in Coppa Italia dal Varese ridotto in dieci dopo l’espulsione di Corti.
Bettinelli è un uomo onesto, fedele a se stesso e un grande allenatore (lo ha dimostrato salvando un Varese moralmente distrutto da sette sconfitte di fila): non venderà l’anima di una squadra che ha ancora tanto da dire né la piegherà a logiche antiche e sorpassate di concepire il calcio. Perché lui e i suoi ragazzi rappresentano l’aspetto più nuovo e puro del pallone.
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