GENOVA – «Buffoni, buffoni»: urlato da mille persone, è un tuono; da ventimila, è come l’arrivo degli aeroplani con le bombe. Un’altra fiondata del Davide biancorosso e cade l’ultimo gigante coi piedi d’argilla. Un altro pezzo di storia da riscrivere: dopo 102 anni di vita, nove sconfitte e tre pareggi, il Varese fa esplodere Marassi. Fuori fischiano parole come pallottole contro la dirigenza blucerchiata e il ds Sensibile (quello che compra tutto e tutti, tranne l’anima), nascosto pare in un baule per scappare dalla furia del Ferraris.
Dentro fischietta il cuore dei mille biancorossi: «Va-re-se, Va-re-se». Come diceva Luca Sogliano, che non ce l’ha più fatta ed è tornato a vedere la sua squadra dopo 21 giornate: «Per noi alla fine sono sempre lacrime, di gioia o di dolore». Come nella finale con la Cremonese, come all’esordio di Torino in serie B, come nella semifinale col Padova.
È il nostro destino, chiudere i conti col destino: trent’anni fa, le furie di Fascetti vennero derubate dall’arbitro Menicucci. Quell’1-0 ci torna indietro. Chi c’era allora e c’era ieri, come Tiziano Masini o Mario Zeni, come tutti quelli che dormono coperti da questa maglia, si vede restituire un pezzo di vita che sembrava strappato per sempre.
Il vento mosso da Maran ha alzato il velo sul disastro sampdoriano: dopo avere messo alle corde Zeman e Mandorlini, il sottovalutatissimo montanaro trentino (speriamo che nessuno dei fenomeni alla Sensibile si accorga di quanto è bravo a fare la differenza in campo e fuori) stavolta travolge Iachini. Col gioco: secco, avvolgente, semplice, paziente, totale. Tutti per il Varese, il Varese per tutti. Con la testa, con lo spirito: è la stessa, è lo stesso. Di chi gioca, chi sta fuori, chi va in tribuna, chi tifa, chi scrive. Coi cambi (le alternative sono parecchie): De Luca dà la prima botta, Carrozza la seconda e Damonte sferra la mazzata.
Nel vento di Maran c’era scritto: voglio vincere, prima li metto là e poi li affondo. Se Maran è il segreto del Varese, Maraner (il secondo) è il segreto di Maran: potrebbe esserci lui dietro alla mossa di fare entrare Damonte quando era già pronto Cellini. Oltre a Bettinelli e Verderame: è la piccola gente della frontiera biancorossa, sempre sul pezzo a difendere lo spirito familiare e l’identità provinciale, a fare la differenza.
È da pazzi dopo una partita così dire che a questa squadra manca qualcosa, ma bisogna ricordarsi anche degli ultimi mesi: con un bomber d’area, soprattutto in casa ma anche nel primo tempo di ieri, saremmo da playoff e, forse, sarebbe tutto più facile. Ma il Varese non è mai stato una squadra da cose facili: anzi, quando ha pensato di esserlo, è caduto. E qui nessuno si illude: la Samp, un’accozzaglia di individualità, è la peggiore delle 21 squadre affrontate nell’andata. Ma non ce ne importa nulla. Stiamo ancora volando sull’erba toccata da Cerezo, Vialli e Mancini. E non vogliamo più scendere.
Andrea Confalonieri
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