Un punto guadagnato. Nonostante la distanza, la voce dei tifosi biancorossi arriva forte e chiara: per come si era messa la partita, il pareggio ci fa sorridere.
Davide, Luca, Antonio, Giorgio, Ugo: sono quattro dei 60 eroi che hanno affrontato l’impegnativa trasferta siciliana, guardando solamente alle ragioni del cuore e della fede sportiva, incuranti di classifica e vicende societarie che stanno scuotendo l’ambiente calcistico nostrano. Per loro quello appena passato è stato un sabato come gli altri, trascorso nel segno di una passione senza se e senza ma. Di inusuale c’è solo la strada percorsa: i 1636 chilometri che separano Varese e Trapani non sono una passeggiata.
Intercettiamo le loro impressioni mentre viaggiano su un pulmino, di ritorno dallo stadio “Provinciale” e diretti all’aeroporto. Per alcuni è stata una toccata e fuga: aereo, partita, aereo. Altri, come Ugo, se la sono presa più comoda, trascorrendo due notti in Sicilia e visitando il capoluogo Palermo. Come scritto, l’umore che passa attraverso la cornetta è buono: «Si spera sempre di vincere – dichiara Luca del gruppo “Ispra alcolica e Randagi” – Se si va a guardare l’andamento
del match, però, il pareggio deve starci bene: il Trapani ha avuto molte più occasioni, per non parlare del rigore tirato sul palo». Così anche Ugo, dello stesso gruppo e pure lui seduto sul mezzo che corre verso il ritorno: «Calcolando la nostra rosa giocatori è andata bene. I ragazzi in campo hanno dato tutto e questo ci basta». La partita in programma è stata, per la maggioranza dei biancorossi viaggianti, l’occasione di ammirare uno stadio mai frequentato in passato: il Provinciale. «Bello – racconta Luca – con la struttura in metallo e le curve messe vicino al campo al posto della pista di atletica: un po’ quello che si dovrebbe fare a Varese. Il loro pubblico è abbastanza caloroso, ma alla fine ha contestato la squadra: sapendo di giocare contro una formazione di bassa classifica come la nostra, si aspettano di vincere». In trasferta, anche queste sono soddisfazioni da aggiungere sulla tacca: come declamava il Trap «Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco…», soprattutto se hai a che fare con il gruppo di Bettinelli.
Da parte dei 60 tifosi del Varese, invece, nessun riferimento – almeno tramite striscioni – alla situazione societaria. Dopo un incitamento incessante, però, alla fine dei novanta minuti il pensiero torna comunque ai problemi di casa nostra: «Possiamo solo aspettare – continua Luca – L’unica cosa che sappiamo è che non abbiamo più un presidente. Si vocifera degli investitori svizzeri: staremo a vedere». «Io ho speranza, nonostante sia passato da retrocessioni e fallimenti – ribatte Ugo – Constato, però, come Varese sia una città aperta per certe cose e molto chiusa, invece, su altre. Ecco: il calcio è una di queste».