Il Camino di Santiago, che sempre più persone affrontano sperando possa cambiargli la vita, è una impresa per tutti? Dice sì, senza alcuna esitazione, , che ha concluso ieri in handbike, per la terza volta, il leggendario itinerario spagnolo.
Dal primo Camino ad oggi la vita di questo ragazzo sommese, che ha perso l’uso delle gambe quando era giovanissimo in seguito ad una storia di sanità sbagliata, è molto cambiata. Era un adolescente furioso nei confronti di una sorte ingiusta: un malessere profondo che finiva per abbattersi come una scure sui rapporti con gli altri. Impossibile non guardare al passato e maledire le barriere imposte dalla disabilità.
Ma Pietro decide ad un certo punto di guardare avanti e prova a sfidare i suoi limiti. Cerca una impresa impossibile, la trova sulle tracce di Santiago. Via la sedia a rotelle, si confonde con altri pellegrini, segnati da altre fragilità, lungo i novecento chilometri che separano i Pirenei da Santiago, e poi fino a dove la terra incontra l’oceano e comincia l’infinito, a Finisterre. Una prova durissima, fatta di sfibranti saliscendi, sotto la pioggia o il sole ardente, e vento, e sete, pedalando su sterrato anche per dieci ore di fila, per finire a riposare in alloggi spartanissimi, quando va bene, perché capita anche di dormire su una panchina di marmo.
Con implicazioni sulla salute molto difficili da gestire in quelle condizioni su quel percorso. Ma prevale il sorriso tra i pellegrini: “ultreya”. Diventa il motto di Pietro: abbattere le barriere nella mente, andare oltre. La motivazione di Pietro al suo terzo Camino è mettere a disposizione la sua testimonianza in modo che tutti, ed in particolare altri disabili, possano affrontare questo percorso, ma anche la vita, in modo diverso: proporrà la sua esperienza in una guida che si intitola “Santiago per tutti”.
Pietro annuncia il suo arrivo a Finisterre ieri su Facebook, una testimonianza preziosa, in tempo reale, per gli oltre tremila amici dell’associazione Free Wheels da lui creata.
Pietro manda alcune foto e un piccolo scritto con le emozioni vissute all’arrivo: «La guida “Santiago per tutti” non sarà perfetta ma ci abbiamo provato e l’abbiamo pensata col cuore. Ora tenteremo di concretizzare questi sforzi e presto tutti potranno vedere cosa ne è uscito. Non siamo professionisti, ma pellegrini. “Compartir” è il nostro obbiettivo». Commovente il commento di Patty a caratteri cubitali: “La guida servirà anche a me”. Lo scrive la bellissima fidanzata di Pietro, anche lei disabile.
«Parlo di scarpe che non toccano mai terra, ma di terra sono intrise. Parlo di sedie che possono cedere lungo il percorso, perché non dimentichiamo che non è un percorso semplice e a far la differenza sarà ciò che avete nel cuore o quanto lo desideriate veramente. Quanto si è pronti a dare in cambio di niente: questa è la sola cosa che mi ha permesso di giungere fino all’oceano. Stanco, ma col cuore che sorride perché anche questo cammino mi ha dato molto: mi ha insegnato tante cose che arricchiscono il mio zaino ma che non pesano nulla e che mi seguiranno ovunque il mio cuore mi chiamerà. Ovunque Dio mi permetterà di giungere».
Il pensiero di Pietro va alle persone che lo hanno aiutato: Bartolomeo e Tiziana, Luciano e Barbara, Antonella e Edo, ringrazia gli sponsor Media reha, Eprice, Sci club 88, Moreno motor company e Alex. «Questa storia non riguarda più solo Pietro Scidurlo, racconta l’inseguimento di un sogno: il diritto di ogni persona a reperire informazioni su un determinato argomento, diritto che spesso e volentieri è negato alle persone con disabilità. Ho sempre detto che il nostro primo compito è porgere una mano al prossimo. Ho cercato di fare questo, null’altro».
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