Brescia, la “leonessa d’Italia”, ha l’abitudine di sbranare i tifosi ospiti, masticandoli con voluttà non appena mettono piede al “Mario Rigamonti”, messo su nel 1956 sulle fondamenta del 1928 e rimasto un po’ sbilenco, a mo’ del Mario Marenco de “L’altra domenica”, come nei piani architettonici dell’epoca.
Curva nord da 3.700 posti, curva sud da 2.100, visuale bislacca sulla porta (la curva non è proprio curva ma poliedrica) seduta da fachiro e un biglietto d’ingresso con cui si acquista un anellino alla fidanzata.
I tifosi del Varese, che sabato affronterà le “rondinelle” in casa loro, devono prepararsi a cacciare venti euro tondi a cranio per andare in curva, quando l’abbonamento al “Franco Ossola” per l’intero campionato ne costa 120, 70 per le donne e 50 (!) per i ragazzi nati dal 1° gennaio 2006.
Se uno ci va con la propria macchina, con famiglia al seguito (fai anche un figlio solo per la crisi delle nascite) fa fuori i soldi della spesa di una settimana, ed è notorio che di solito in curva non si siede John Elkann ma quelli che la sfangano giorno dopo giorno.
In un calcio che non permette l’ingresso allo stadio a un bambino perché indossa la maglia di Tevez, questi equilibrismi economici sono la norma, giusto per togliere ancora ai tifosi veri, ormai più rari del rinoceronte nero, la residua voglia di curva in tempi di televisori al plasma e abbonamenti satellitari.
A Masnago l’ospite in curva paga 13 euro con i diritti di prevendita, a Livorno, terra d’anarchia, addirittura 10, ma in serie B l’ingresso in curva ne vale massimo 13, uno in più lo si pagherà domenica a Napoli, ma al San Paolo, per Napoli-Torino e siamo in A.
Se il tifoso volesse levarsi lo sfizio di salire al secondo anello di San Siro e godersi l’Inter di coppa (meglio di quella in campionato) pagherebbe 15 euro, se volesse strafare – metti l’arrivo di un gruzzoletto al “Gratta e vinci” – e passar di categoria al primo anello arancio, verde e blu, salirebbe a 21 euretti, «roba minima, propri roba de barbùn», come cantava la buonanima di Jannacci.
E invece a Brescia, con la squadra ventunesima in classifica a cinque punti, uno in meno del Varese ma noi partivamo da -3, va in scena il salassino, quasi che la leonessa si sia scoperta sanguisuga appiccicata alla pelle dei minatori del tifo.
Poi dice che uno si fa l’abbonamento a Sky, dove tutta la serie B la si gusta in poltrona a 99 euro, e se hai l’influenza, diserti per una volta la curva e la sciarpa te la metti per una causa tracheobronchiale, per una giornata salottiera ti van via solo 6 euro, una ricarica minima di cellulare più caffè.
Invece al “Mario Rigamonti” (povero lui, una vita da mediano, morto nella tragedia di Superga), oltre al danno al portafogli, si rischia pericolosi torcicolli per vedere il portiere (che, si spera, «caduto alla difesa/ ultima vana») slogature di spalle e, se le cose andassero male e si rimanesse seduti per lo scoramento, di tornare a casa dicendo, come il grande Luison Ganna alla fine del Giro d’Italia: «ma brüsa tanto el cüü».
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