«Un brindisi al Varese». Era giovedì, giorno del raduno, quando Antonella Fidanza, Rosi Bellifemine, Franco Barassi, Pietro e Luciano Bonvini, Federico Bozzoli, Rinaldo Ossuzio e Maurizio Bertani hanno lanciato l’idea: «Perché non andiamo a Chatillon?».
Sei giorni dopo, mercoledì, ecco il bus della “Morandi” arrivare nel piazzale dello stadio alle 10, pronto a caricare trenta tifosi per portarli in Val d’Aosta: foto di gruppo e via, si parte. A bordo il tema di discussione, come da attese, è un solo: il Varese. Gioia, divertimento, passione, fede. Si parte con la lettura dei quotidiani (e la minaccia al giornalista: «Non voglio mai più vedere la Varesina sopra al Varese: siamo d’accordo, vero?»), si prosegue con pronostici e aspettative («Quest’anno ce la faremo, la squadra è forte…»), si conclude con un aperitivo – vino bianco e patatine, classico senza tempo – offerto dal Maurizio, con immancabile brindisi ai colori del cuore. Il Federico e il Rinaldo battibeccano da buoni amici, l’Antonella cerca di distrarli con l’organizzazione per Pisa, l’autista annuncia l’arrivo a Chatillon.
Pranzo alla Locanda Cervino, poi subito al centro sportivo per aspettare dirigenti e giocatori, accolti – e battezzati – uno dopo l’altro. Si va sugli spalti e i giocatori – in tenuta da gioco – tributano ai presenti un applauso, di felicità e di cuore, con un pizzico di sorpresa sul volto di chi non ha ancora indossato la maglia del Varese e provato l’affetto del popolo biancorosso.
Sul campo, i giocatori – e anche il mister – si fanno coinvolgere dalla straripante passione e infinita curiosità dei supporter: Magrin ringrazia tutti e parla con il più piccolo della spedizione, Molinari scherza sull’età sua e di Longobardi con gli “over”, Iacolino disserta di tattica. Taddeo sorride, felice e orgoglioso; e lancia l’idea: «Perché non vi fermate con noi a cena, nostri ospiti?». Il sì arriva subito.
Tutti a cena, dunque. “Un brindisi al Varese”, il secondo, poi via sul pullman, dove raccontare e raccontarsi le impressioni del primo giorno. Nel gruppo giovani – Clarissa, Lidia, Martina, Emanuele, Trystan, Manuele, Sergio – e… meno giovani: i due estremi sono Pietro Bonvini, 92 anni, sempre al seguito del Varese insieme al figlio Luciano, e Sergio Fusato, 14 anni. «Sono di Varese e il Varese è la mia squadra, da sempre – racconta Pietro – Nel 1944 ho visto anche il grande Meazza giocare al Franco Ossola. Il mio preferito di sempre? Facile, Anastasi. Da questa stagione spero di ricevere un regalo: la Serie C!».
Il figlio Luciano, uno dei guardiani del Franco Ossola, annuisce ma precisa: «A me basta una cosa: che il Varese ci sia, sempre. Noi gli staremo vicino, nel bene e nel male. Per me è così dal 1967: avevo nove anni e papà mi ha portato in Curva Nord. Da quel giorno sempre e solo Varese». Sergio ascolta, curioso. Ha parlato con Magrin, anche se al primo posto «C’è Neto! Sono stato la prima volta allo stadio con la scuola,
ero in prima elementare: C1, ho visto Varese-Pro Patria 3-1, il 2-2 col Monza, il 5-1 alla Cremonese e il 2-0 ai playoff col Benevento. Mi sono innamorato e da allora seguo sempre il Varese. Ho parlato con Magrin, che mi ha chiesto se anche io sono un calciatore: no, io sono un tifoso. Del Varese». Punto tecnico con Franco Vanetti: «Questa squadra mi piace e si vede già la mano dell’allenatore. Mi ha impressionato Magrin, convinto Rolando, impressionato il potenziale, e l’intesa, di Molinari e Longobardi. E poi… posso dirlo? Spero resti Tripoli: mi ricorda il Varese di Sannino». Il finale, con il comitato organizzatore: «Una giornata splendida, con la piacevole sorpresa dell’invito a cena del presidente Taddeo: è stato gentile e a tutti ha fatto piacere chiudere così una già splendida giornata. Così, con un brindisi al Varese. Il nostro Varese».
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