Incendio mortale al Tiro a Segno: il tribunale di Busto Arsizio ha condannato ieri pomeriggio e . Il primo, commissario di tiro, è stato condannato a un anno di reclusione; il secondo, presidente al poligono nazionale all’epoca dei fatti, è stato condannato a un anno e mezzo. Pene sospese. Erano accusati di omicidio colposo per la morte del gallaratese Pasquale Pellegrino, 52 anni, rimasto gravemente ustionato in un violento incendio scoppiato il 7 settembre del 2013. Fu trasportato al reparto Grandi Ustionati, ma purtroppo non riuscì a sopravvivere: troppo gravi, infatti, si rivelarono le ferite riportate nel corso dell’incendio.
Il tribunale ha fissato anche una provvisionale di 50mila euro per moglie e figli, anche se al momento non è chiaro se la cifra sia da considerarsi da destinare a ciascuno dei componenti familiari; 40mila euro per ognuno dei genitori e 24mila euro per ciascun fratello. Rispetto alle richieste del pm, , che ha condotto le indagini in sinergia con i carabinieri della Compagnia di Busto Arsizio, il giudice di Busto ha ridotto le pene. La Procura di Busto Arsizio aveva chiesto due anni di reclusione per entrambi. La sentenza, invece, ha visto dimezzare la richiesta di pena per Romagnolo, e ridurre di sei mesi quella per Mandelli.
L’avvocato che ha assistito i due imputati ha già annunciato ricorso. «Aspettiamo di leggere le motivazioni – sottolinea il legale di Legnano – ma rimaniamo convinti della necessità dell’assoluzione per quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale».
Il ricorso, insomma, è un fatto automatico per i suoi due assistiti. La drammatica vicenda del poligono aveva tenuto tutti con il fiato sospeso. Una vicenda nota, nella quale perse la vita un uomo che in quel momento, come altri appassionati, si trovava all’interno della struttura compiendo esercitazioni di tiro. Un sabato pomeriggio che si trasformò in tragedia. A un certo punto, infatti, dalla griglia delle postazioni di tiro una scintilla alimentò un violento incendio. Le fiamme presero vigore in un secondo momento: il primo incendio,
infatti, sembrava essere stato neutralizzato grazie a un estintore, ma dopo pochi istanti il fuoco riesplose con maggiore violenza. A quel punto le persone che si trovava all’interno furono obbligate a uscire dalla struttura. Pellegrino non ci riuscì: le fiamme lo avvolsero senza dargli scampo. Sul posto intervennero i vigili del fuoco che sedarono il rogo, ma i danni riportati dalla struttura furono ingenti. Per il gallaratese, invece, non ci fu nulla da fare: morì nei giorni successivi in ospedale al Niguarda.