Tanto ormai abbiamo capito che c’è da aspettare ancora un po’. Quando i telefoni tra Avellino e Varese non saranno più caldi, si saprà come andrà a finire questa telenovela che si sta trascinando un po’ troppo in là.
Qui, però, abbiamo una grande fortuna: quella di poter tirare su il telefono e fare una chiacchierata con qualcuno che come minimo ha vinto tre o quattro scudetti e un paio di coppe dei campioni. Cose che succedono solo a Varese, e che mitigano la delusione per la fuga di talenti alla quale si è costretti ad assistere ogni volta che salta fuori una grande stagione.
E allora proviamo un po’ a capire l’umore della gente del passato, in una piazza che si sta dividendo tra gli speranzosi, i delusi e gli incazzati neri.
«Capisco Frank»
Marino Zanatta allarga le braccia: «È facile fare i discorsi da bar, meno facile parlare degli affari altrui: a volte noi tifosi ci dimentichiamo che quelli come Vitucci sono professionisti che si giocano tutto in pochi anni di carriera».
E detta così sembra che il buon Marino stia dalla parte di Frank: «Non prendiamoci in giro, in questo mestiere un’annata storta cancella tutto e in un attimo la gente si dimentica che solo qualche mese prima eri un eroe. È brutto, è difficile: però credo che Vitucci tema di non riuscire a ripetere qui a Varese l’annata strepitosa appena conclusa. Ecco perché ha scelto di partire, al di là dei soldi».
C’è un contratto e c’è una società come Varese che non vuole perdere il suo allenatore senza reagire: «Bisogna guardare alla realtà. Quando io facevo il general manager avevo una regola fissa: rimane solo chi è contento di rimanere. Contratto o no, se qualcuno iniziava a pensare ad altro, io lo facevo partire: ho perso giocatori importanti, perché anche se erano sotto contratto con Varese avevano gli agenti che gli facevano annusare la possibilità di andare a guadagnare di più».
Quindi: «Se fossi nei dirigenti di Varese non tratterrei un allenatore che non è felice di restare: otto mesi di campionato sono lunghi e se si parte col piede sbagliato poi è dura».
Messaggio di Zanatta: «Ai tifosi dico di non dimenticare quello che Frank ha fatto per questa squadra e di applaudirlo se dovesse tornare da avversario. A Vitucci dico che lo capisco, anche se lo avrei capito di più se fosse andato a Siena o Milano. Perché andare ad Avellino significa tornare ai margini del grande basket».
«Un’altra mazzata»
Mastica più amaro Aldo Ossola, innamorato di un basket che non c’è più: «Sono davvero cambiati i tempi, non esistono più le bandiere e tutto è basato sui soldi. Sono amareggiato e deluso, perché ancora una volta sembravamo essere riusciti a costruire qualcosa e adesso ci ritroviamo a dover fare tutto da capo. Sapevamo che Dunston e Green sarebbero partiti, ma ero convinto che Vitucci sarebbe stato l’elemento base del progetto futuro, per ripartire e per puntare in alto. Triste e amareggiato: ecco come mi sento».
La parola fine su questa vicenda non è ancora stata scritta, ma Ossola concorda con l’ex compagno Zanatta: «Non si può trattenere qualcuno controvoglia: se resta, dev’essere per una sua scelta precisa e perché ha deciso che Varese è meglio di Avellino. Siccome questa non è la sua idea, allora che vada. Peccato: perché Frank mi piaceva. Mi piaceva molto»
Amarezza su amarezza, per l’Aldino: «Sono ancora nero per com’è andata la semifinale con Siena, perché senza scomodare gli arbitri sono convinto che con Dunston in campo saremmo passati noi. E siccome quella tra noi e Siena era la vera finale, se fossimo andati avanti avremmo poi vinto il campionato. Ora, anche questa mazzata. Non ci voleva».
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