– Oggi c’è la Maratona del Lago di Varese, novità gustosa ambita da tanti runner, che vengono apposta da fuori provincia. E mercoledì c’è la Tre Valli Varesine, la corsa ciclistica più antica e importante, apprezzata nel mondo e non in patria. Perché qui la gente s’arrabbia a prescindere, tutti i santi giorni: se non succede niente si lamenta perché la città è morta, se succede qualcosa si lamenta perché non si può vivere la solita moscia quotidianità
comoda. Viviamo incazzati, per forza non godiamo delle piccole grandi cose che ogni tanto anche qui capitano.
Chiudono le strade? Chiudono le scuole? Fanno benissimo. Ci aspettano due feste, che sono di sport ma prima di tutto popolari: assaggiarle da vicino, lentamente, a piedi, senza la preoccupazione delle incombenze quotidiane, è cosa buona e giusta. Immergersi nell’evento è l’unica maniera per far sì che ci lasci qualcosa, quando sarà finito. E scommettiamo che ai nostri figli, almeno per un giorno, insegna di più la fatica degli atleti di libri, colori, giochi?
Oggi le strade sono legittimamente, fieramente, fantasticamente dei runner e soprattutto degli amici di Chicchi, che la porteranno dalla partenza al traguardo della maratona spingendola con un affetto che dovrebbe insegnarci tanto, per prima cosa alla voce “cose importanti della vita”. Invece no: s’odono contumelie assortite perché nel dì di festa non si può circolare sulla lacuale, e per scampagnate e visite parenti tocca imboccare corsie alternative. Mollassimo un attimo un certo egocentrismo, scopriremmo nei garretti di chi corre la maratona millemila storie edificanti, addirittura educative. Gente normale che trova nel sudore una nobiltà primitiva, sconosciuta a tanti di noi.
E se volessimo approfondire la forte metafora esistenziale della bicicletta, il mezzo di trasporto più umile e antico, vedremmo nella Tre Valli che monopolizza il centro storico una straordinaria opportunità, un regalo, non una rottura di scatole.
Siamo recidivi: Varese è l’unica città in cui il campionato mondiale di ciclismo ha fatto scappare della gente, anziché inorgoglirla. Accadde nel 2008, infondati timori millenaristici – abbinati alla chiusura di strade e scuole, come adesso – indussero un po’ di agnostici a fuggire dal temuto caos. Manco fosse in corso l’invasione degli alieni.
Sia benedetta, questa corsa a piedi nuova di zecca che abbraccia il lago e ci offre per una domenica una dimensione puramente ecologica. E sia benedetta, quella corsa in bici che da cent’anni abbraccia un’intera provincia, e ci offrirà per un mercoledì il palcoscenico e i riflettori.
Suvvia, sono solo una domenica e un mercoledì, diversi e speciali. Non dovrebbe essere così difficile lasciarsene conquistare, tenere l’uscio socchiuso e sbirciarli con sguardo curioso. Potremmo scoprire che, guarda un po’, sono feste e non rotture. E che, chi l’avrebbe mai detto, ci garbano al punto da aspettare la volta dopo. Non per dribblarle, bensì per accostarsi loro e viverle.
Intanto, oggi tutti noi, appassionati e profani, entusiasti e lamentosi, facciamo un fioretto facile facile: immaginiamo di correre, almeno mentalmente, almeno per cinque minuti, con Chicchi e i suoi amici. Ecco, questo sarebbe un ottimo motivo per apprezzare a dovere strade e scuole chiuse, deviazioni, ribaltamenti di quotidianità.